3 giu 2012

L’occhio del Grande Fratello sul terremoto

Nei luoghi colpiti dal terremoto, in Emilia, nel weekend sono arrivati quelli che la stampa non esita a definire i turisti del dolore.
Persone, alcune con famiglia al seguito, che vanno a visitare i paesi colpiti dal cataclisma e vi scattano fotografie.

Chi sono costoro?
Curiosi e ammalati di vouyerismo in stile televisivo? Oppure persone che vogliono toccare con mano la dimensione della tragedia per capire al di là dei filtri e dei media? Come distinguere?
L’idiota che si fa ritrarre con alle spalle la nave da crociera Concordia (ricordate?) è della prima specie e siamo tutti d’accordo che si tratta, appunto, di un idiota, che desidera entrare nel fatto, mendicarne uno spazio, quello che può, semplicemente con una immagine che finirà sul desktop del pc o sul comò e che gli servirà per dire “io c'ero” a qualche amico tonto come lui. Di questa specie sono quei “turisti” che visitarono il paese di Avetrana per “odorare” il cilma dopo la morte di Sarah Scazzi: cosa c’era lì da vedere?
Invece sarei cauto nel denunciare chi desidera andare oltre i racconti, spesso spettacolarizzati e votati alla retorica commiserazione, dei media. Un conto è una immagine un conto è vedere la situazione e “sentire” sulla pelle la situazione drammatica e non si può a priori sostenere che questa sia solo una curiosità. Il terremoto non ha raso al suolo i paesi, si è insinuato in essi portando dolore e disagi in mezzo alla vita che continua, disagi concreti e non lontani, remoti, impossibili, che potrebbero capitare a chiunque e che non si comprendono, nella loro portata, solo sfogliando i giornali.
Naturalmente bisogna fare i conti col buon senso, che dice che sui quei luoghi si va per aiutare, non per intralciare o scattare banali foto ricordo (un reportage è infatti cosa diversa), ma non possiamo negare che l’esperienza di toccare con mano non possa avere un profondo significato per chi la fa. Naturalmente, anche comprendendo questo, ci si può comunque astenere, come io penso sia il caso di fare.
Come sempre distinguere è difficile, e dipende dalle persone.