18 dic 2009

Al centro del mondo

Essere al centro dell’universo. Non percepire alcuna differenza tra il punto di vista personale e quello degli altri. In una parola, egocentrismo.
Durante la primissima infanzia l’egocentrismo è una naturale peculiarità del comportamento infantile: il bimbo pensa istintivamente che tutto gli è dovuto e che primariamente debbono essere soddisfatti i propri bisogni. L’attesa non è concepita. Il bisogno è esternato comunicando richieste senza attendere risposte, o meglio, la comunicazione è unidirezionale, il bambino è disinteressato a quello che affermano gli altri.
Col tempo riuscirà a considerare i punti di vista diversi dal suo e anche la comunicazione muterà. Questo tragitto si compie grazie anche alla immedesimazione che il bambino, specie nel gioco, piano piano assume. Il gioco di ruolo in particolare favorisce questo processo: la bimba gioca a fare la mamma, la maestra… e in questo modo si cala in stati d’animo ed in comportamenti che non sono suoi tipici, comprendendoli.
Ancora una volta favorire il gioco e la creatività nei bambini è utile, tarparla dannoso.
Crescendo è possibile che chi è stato limitato proprio nel gioco mantenga poi comportamenti egocentrici.

Chi è l’adulto egocentrico?
Proviamo a pensare alle persone che conosciamo e… anche un po’ a noi stessi. Proviamo a ricordare momenti di incomprensione, in cui il nostro interlocutore non ci capisce proprio.
Io penso che nella comunicazione non c’è mai un interlocutore a cui sia imputabile in toto il fallimento dello scambio di pensieri. Ci sono atteggiamenti diversi e consapevolezze diverse. Infatti chi è distante dallo status dell’egocentrico comunica meglio, è più equilibrato, e adotta atteggiamenti più aperti: “Forse non mi sono spiegato bene… proviamo a riparlarne”. L’egocentrico si svela anche e forse soprattutto nella comunicazione, quando ha atteggiamenti di chiusura, che si manifestano con frasi come “tu non capisci” oppure “quando parlo dovresti ascoltarmi e capiresti”.
L’egocentrico infatti non si pone affatto il problema se la propria comunicazione sia adeguata, se possa essere intesa in toto o fraintesa. Per lui tutto è univoco, il senso delle cose è oggettivo, ed è quello suo. Ma il mondo non è così, del mondo onuno ha la sua mappa e la mappa non è il mondo, ma solo una sua sintetica e simbolica rappresentazione.
L’egocentrico non ritiene che tra le persone sussistano reali differenze, e figurarci nel pensiero. Se non la pensi come lui, sei tu che non vuoi capire.
In famiglia cosa accade in proposito? Mogli, mariti, figli… devono pensarla in un modo, il suo, e provare le medesime emozioni, avere medesimi obiettivi e aspirazioni, timori…
Risultato? Il deterioramento del rapporto, una comprensione di facciata, la rassegnazione di chi ci è vicino e una misera e non dichiarata solitudine.
Ho evidenziato il profilo di un eccentrico puro, ma un po’ di egocentrismo è in tutti noi, no? La medicina: ascoltare il prossimo, calarsi davvero nei suoi panni.
Lo facciamo sempre?
L’egocentrico è un Napoleone su uno splendido cavallo, che finirà da solo i suoi giorni nella sua personalissima S. Elena.

10 dic 2009

Prima di giudicare un uomo...

Il pregiudizio è figlio dell’ignoranza. Possiamo essere d’accordo su questo?
Il processo di apprendimento è una semplificazione della realtà che ci consente di trovare la mappa per muoverci nella sfaccettata complessità della vita reale; questo processo può condurci anche a crearci degli stereotipi.
Lo stereotipo è, nell'uso moderno, la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale (ad es. lo stereotipo del Natale con la neve è il caminetto acceso), positivo (la cucina francese è la più raffinata del mondo) o negativo (l'associazione tra consumo di droghe è la musica rock) e, in questo caso, rispecchia talvolta l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi. Se usato in senso negativo o pregiudizievole, lo stereotipo è considerato da molti come una credenza indesiderabile che può essere cambiata tramite l'educazione e/o la familiarizzazione. (via Wikipedia).

In sostanza lo stereotipo di per sé è una chiave di lettura schematica non necessariamente negativa. Quando lo stereotipo assume connotazione negativa si converte in un pregiudizio.
Le persone che hanno pregiudizio in genere rigettano le diversità e il cambiamento, di norma mostrano ostilità denigrando o negandosi al prossimo, discriminando e violando.
Semplificare la realtà è utile ma può degenerare perché le generalizzazioni possono mutare in preconcetti, dove altre persone o altri gruppi sociali divengono il capro espiatorio dei propri disagi.
C’è però una concausa, che va oltre la dimensione strettamente individuale del pregiudizio: è la presenza di fattori socioculturali (pensiamo alle interazioni tra gruppi sociali diversi, esempio gli immigrati), che determinano avversioni e scontri e che creano poi riferimenti più estesi e schemi interpretativi generalizzati che alimentano il pregiudizio, trasformandolo in un fatto di cultura, trasmesso nel tempo.
Anche i fattori storici possono concorrere a produrre pregiudizio, pensiamo ai rancori “etnici” dei gruppi che convivevano in Bosnia e nelle regioni limitrofe o a quelli vissuti dai neri d’America.
Il pregiudizio è deleterio e pericoloso, più della ignoranza che, diceva Denis Diderot, è più vicino alla verità del pregiudizio.
Un saggio indiano dice che prima di giudicare un uomo bisogna camminare per tre lune nelle sue scarpe.
Mi piace.
Ogni vita, ogni realtà ha una sua dignità e soprattutto un suo perché.

18 gen 2009

Vuoi essere mio papà?



Ah ah ah ah ah ah ha ha ah ah... Ehm... non l'ho capito!
Dice così mio figlio quando sente una battuta che assomiglia ad una stronzata. A me fa ridere come lo dice, e ne capisco l'ironia.
Ma stavolta mi sa che non ho capito davvero, il "Best condom commercial of the year!" intendo.
L'ho trovato in un post in Facebook. Già lì i commenti mi avevano lasciato alcune perplessità. Sono andato a vedere quelli in calce su YouTube... peggio ancora:
"It's children like this that make me happy I got a vasectomy - Sono bambini come questo che mi fanno essere felice di avere fatto una vasectomia"
"I'd smack him so hard he wouldn't be able to ask for anything any more - Lo picchierei così forte che non potrebbe più chiedere altro"
"Seriousy i don't see why they don’t bring back the ability for parents to hit their children” – Seriamente non vedo perchè non si ripristina la possibilità per iI genitori di menare i propri fuigli”
"Childfree forever! – Senza figli per sembre” (fortunatamente uno gli risponde: “Then go kill yourself because you were a child - Allora suicidati perchè sei stato anche tu bambino”)
"I hate children – Odio i figli”
Si tratta di un messaggio pubblicitario che intende promuovere le vendite di un prodotto. Il fine non è spiegare a cosa serve un preservativo né come lo si usa, ma a creare la notorietà del brand, associandolo ad un spot originale che si imprima nella memoria del potenziale consumatore, il target, come si dice.
E il target in questo caso sono i giovani dai 20 anni in su, specie quelli in "età da famiglia", soprattutto, direi, quelli che la maturità per fare una famiglia non ce l'hanno ancora, diciamo quelli che hanno un timore, anche ragionevole, verso la grande respnosabilità che comporta il ruolo di genitore.

Non a caso infatti, il regista ha scelto di rappesentare il padre con un giovane che non ha affatto l'mmagine di un giovane papà calato nella sua parte, deve anzi sembrare più "quel nostro amico che incontriamo al lounge bar il venerdì sera", uno che si mantiene il look da ragazzo con quel poco di pelo sulle gote che gli simula un vissuto.

Cosa dice lo spot? Dipende, i livelli di lettura sono molteplici, e dipendono massimamante di chi guarda, dalla sua apacità di interpretare, di estendere o meno i significati del messaggio. Che esplicitamente in realtà non dice nulla se non "preservativi Zazoo", sottintendendo naturamente "comprate questi".
Non spiega null'altro, vuole solo essere ricordato, non dice nulla volontariamete nè sull'essere padre, nè sulla situazione rappresentata, nè sui bambini. Esplicitamente e volontariamente non dice nulla di ciò.
Ma la comunicazione passa per un messaggio e raggiunge un ascoltatore che determina un feedback, e il canale che veicola il messaggio e la capacità di interpretazione del destinatario possono cambiare del tutto il senso o comunque gemmarne altri.
Se dò una lettura meno attenta e più emotiva al post sento che mi dice "se al posto di stare attento ti fossi messo un preserativo ora non avresti questo pacco da sopportare". Lo sento meglio se mi metto nei panni del ragazzotto che non ha idea di cosa sia la paternità, non la vuole, pensa ad altro, ed è attento ad evitarla.
Ma il significato può estendersi oltre ahimè.
A leggere certi post questo diventa chiarissimo: i bambini sono insopportabili, certi bambini giustifican le botte etc etc...
E se invece dicessimo che certi genitori sono causa del comportameto dei loro figli? Oppure che la paternità (e la materntà) sono sempre e solo un fatto d'amore, indipendentemente dalla volontarietà della riproduzione?
Infatti, anche un bambino non voluto ("usa il presevativo la prossima volta!") è una vita che merita di essere amata, la sua vita, da accompagnare, generosamente. L'amore è altruismo. Se senti che limita la tua vita non è amore, è egoismo. Non si ama per ricevere, sia ama e basta.
E per amore si cresce, si diventa padri anche se no lo si voleva essere.
L'espressione del bambino che rimette i dolci nel carrello, le sue grida, sono un richiamo, l'ennesimo: "Vuoi essere mio papà?!"

PS: i commenti più saggi che ho letto? Questi:
"La pubblicità ha proprio ragione: avrebbe dovuto usare il preservativo. Il nonno del bambino intendo".
"Puoi usare i preservativi, ma i preservativi si rompono, quindi dico che è meglio non fare sesso del tutto, è più sicuro ed economico”

9 gen 2009

W McDonald's!

Stufo di leggere gli attacchi che sono proditoriamente portati con frequenza assillante alla catena di fast food McDonald's, la più rinomata al mondo e - diciamolo con onestà - la migliore in termini di qualità del cibo, anche io mi sono prodigato a compiere un esperimento per confutare la teoria secondo la quale il cibo venduto da McDonald's sarebbe di discutibile qualità.
Come qui dimostro - quelle dei detrattori di McDonald's sono assolute fandonie.
Anzi, sono andato oltre, ho alzato il tiro, portando la sfida al cuore della credenza, specie di noi buongustai italiani, che la cucina casalinga o artigianale sia la migliore, la più sana e sicura.
Così, mezzora fa sono uscito di casa e mi sono recato alla Pasticceria Carlini 1825, secolare forno che produce, secondo i creduloni che vi spendono il proprio denaro, i migliori e più salubri dolci della mia città, fors'anche dell'intera regione e oltre (un amico che viaggia molto e che una volta è stato anche a Domodossola, dice che mai ha trovato di meglio!).
Ho acquistato quindi la famosa Delicatesse Chocolat, una torta rinomatissima a base di pan di spagna e cioccolato, la cui ricetta è segreta, considerata da tutti la torta genuina per eccellenza.
Per la cronaca l'ho pagata 50 € (ne avevo in tasca solo 35 e mi hanno fatto credito ma ho dovuto lasciare in consegna la patente).
Bene, il mio test dimostra che tale torta artigianale non è affatto genuina e che non si conserva per nulla, infatti - come la foto in calce dimostra - l'ho scartata e l'ho messa in tavola e guardate dopo soli 5 minuti com'era ridotta.

Viva McDonald's, altro che!

2 gen 2009

Capodanno col morto, as usual

Alla vigilia dell'ultimo dell'anno ho raccontato ai miei figli cosa succede a Capodanno quando il senso della festa si smarrisce, dove la tradizione irragionevole sconfina nell'assurdo.
Ovvero che per sparare botti e fare rumore la gente rischia mutilazioni e la vita.
Mi hanno detto che non ci credevano, che stavo esagerando.

Purtroppo non è così.
Però, tra l'esagerazione e l'imbecillità c'è ancora qualche metro di strada da compiere. L'esagerazione è sparare botti pericolosi, l'imbecilltà è sparare revolverate e colpi di fucile per la strada o da un balcone in città.
Nel nostro Paese a Capodanno quasi 400 feriti, 70 solo a Napoli, dove come l'anno passato anche questa volta un giovane di soli 25 anni è morto, ucciso da un colpo di pistola (era affacciato al balcone della sua abitazione, al secondo piano di Vico Lungo Trinità degli Spagnoli), e dove anche altre persone sono rimaste ferite da colpi di arma da fuoco.
Per i vicoli di quartieri spagnoli un reportage di repubblica mostra turisti che inciampano nei bossoli, numerosi, disseminati sul selciato.

Io vivo in questo Paese. Una specie di Terzo Mondo travestito da Paese civile ma con le pezze al culo della coscienza civile.