Non i più belli ma i più affascinanti e soprattutto reali sì.
Il mito del maschio italiano, seduttore, virile, ricco di fascino, brillante, capace di ammaliare e sorprendere la donna (le donne vogliono essere sorprese no?), naque negli anni 60, anche grazie ai film in cui erano protagonisti Marcello Mastroianni, Rossano Brazzi e altri attori.
Nel 1961, quando il magazine Photoplay chiese alle sue lettrici di indicare i loro nuovi attori favoriti, Marcello Mastroianni e Rossano Brazzi finirono primo e secondo, in una classifica che, inoltre, includeva anche gli italoamericani Frank Sinatra e Dean Martin.
Bravi ragazzi, col sorriso spontaneo e gli occhi carichi di brio, spiritosi, magari un poco impacciati. Non il bello e duro alla James Bond, no… reali, concreti, consapevoli delle proprie qualità ma capaci di giocare anche sui propri difetti… e perdutamente condannati a fare i salti mortali per conquistare una donna.
Cosa è rimasto di quel mito?
Non intendo in tv o sul grande schermo, sulla carta patinata delle riviste fashion. Intendo nella vita reale.
Oggi siamo così noi maschi? Oh God… porre questa domanda è come sottoporsi spontaneamente alla fucilazione. Pare che quei tempi siano finiti da un pezzo. Nell’immaginario collettivo quei miti sono miti di un lontano passato.
Perché? Abbiamo dovuto fare i conti con una nuova figura femminile, più consapevole, libera e protagonista, determinata e con aspettative ampie.
Crisi di identità? Si dice che il maschio non ha più fiducia in sé, che teme di non essere all’altezza della propria compagna, che non si senta più sicuro nella seduzione, che in campo sessuale abbia perso le certezze.
Oggi ci sentiamo messi in discussione e questo può generare insicurezza ed ansia.
Si sente dire che l'uomo è in pieno attacco di panico, vittima di ansia e paura. Perdita di ruolo?
A me sembra che, generalizzando un po’, questo timore sia poco fondato, che sia alimentato da una cultura che ci allontana da noi stessi, quella dell'apparire più che dell'essere: apparire significa costruirsi una immagine, un contorno di tratti fallaci, effimeri, inconsistenti. Questo, lungi dall’ammaliare la donna che desideriamo, ci grava sul groppone come un fardello di menzogne che diciamo a noi stessi, allontanandoci dal nostro io sincero e vero.
Ci obbliga a dover continuamente dimostrare chi siamo, confrontandoci con i dettami della moda, del pensiero prevalente, delle statistiche etc… è l’apparire che ci inganna e ci fa sentire persi, lontani da noi stessi. Crisi di identità, paura di non essere all’altezza, potenti quanto vorremmo, sicuri.
Le donne vogliono questo? Non credo.
1 mar 2010
30 gen 2010
La Freccia Azzurra, colpisce il cuore di bambino
Quanto è antipatico quello Scarafoni, vero?
Pulcioso che specula su ciò che di più caro hanno a Natale i bambini, i sogni! Ah, che pernacchie si è preso, tutte le volte, senza pietà, dai miei figli alla fine, quando rincorre con affanno i soldi che si spargono per la strada.
La Freccia Azzurra (Enzo D'Alò, 1996) è uno dei cartoni d’atmosfera più magici che abbia visto, discreto e intimo, così vicino al cuore onirico dei bambini. Sì, colpito al mio cuore di fanciullo dal dardo turchese ho riprovato l’emozione magica del Natale così come la provavo, nell’attesa, da bambino.
Scarafoni (la voce è di Dario Fò) è un commerciante di giocattoli, un palancaio senza cuore che fa ammalare la Befana per mettersi in campo in prima persona all’Epifania e vendere i giocattoli ai soli bambini abbienti. Ruba la magia della festa e sarà punito.
Francesco si incanta davanti alla vetrina del negozio per un trenino azzurro, la Freccia Azzurra, lui orfano di un ferroviere. Quanto vale per lui quel giocattolo?
Il cartone è da vedere, anche se le feste sono passate: seguite i giocattoli che nella notte innevata girano per le strade al seguito del trenino per ovviare all’assenza della Befana ammalata e recapitare se stessi ai bambini che sognano nella città assopita.
Il film ha momenti delicati e ammalianti, sottolineati da voli di fantasia e dalle musiche di Paolo Conte. Anche qui la mano di D’Alò che ha saputo trarre l’incanto della fiaba di Gianni Rodari - da cui la storia è tratta – mantenendone i significati: solidarietà, importanza del gioco.
Pulcioso che specula su ciò che di più caro hanno a Natale i bambini, i sogni! Ah, che pernacchie si è preso, tutte le volte, senza pietà, dai miei figli alla fine, quando rincorre con affanno i soldi che si spargono per la strada.
La Freccia Azzurra (Enzo D'Alò, 1996) è uno dei cartoni d’atmosfera più magici che abbia visto, discreto e intimo, così vicino al cuore onirico dei bambini. Sì, colpito al mio cuore di fanciullo dal dardo turchese ho riprovato l’emozione magica del Natale così come la provavo, nell’attesa, da bambino.
Scarafoni (la voce è di Dario Fò) è un commerciante di giocattoli, un palancaio senza cuore che fa ammalare la Befana per mettersi in campo in prima persona all’Epifania e vendere i giocattoli ai soli bambini abbienti. Ruba la magia della festa e sarà punito.
Francesco si incanta davanti alla vetrina del negozio per un trenino azzurro, la Freccia Azzurra, lui orfano di un ferroviere. Quanto vale per lui quel giocattolo?
Il cartone è da vedere, anche se le feste sono passate: seguite i giocattoli che nella notte innevata girano per le strade al seguito del trenino per ovviare all’assenza della Befana ammalata e recapitare se stessi ai bambini che sognano nella città assopita.
Il film ha momenti delicati e ammalianti, sottolineati da voli di fantasia e dalle musiche di Paolo Conte. Anche qui la mano di D’Alò che ha saputo trarre l’incanto della fiaba di Gianni Rodari - da cui la storia è tratta – mantenendone i significati: solidarietà, importanza del gioco.
15 gen 2010
Un anno in pochi attimi
Avete mai pensato di premere il tasto rewind e poi scorrere velocemente in pochi attimi la vostra vita?
2 gen 2010
Tu sei unico e speciale! Tutti lo siamo...
"Tu sei unico e speciale!"
E' così, ma quante volte ci ricordiamo di esserlo? Quante volte ci hanno fatto sentire così durante la nostra infanzia e anche in seguito?
Oggi ci sentiamo speciali?
Guardiamo i bambini, guardiamoli davvero e scopriamo la loro unicità. Rispettiamola.
Invitiamoli a cercare le proprie qualità, a valorizzarle, ad accettare i propri limiti, a non arrendersi. Questo accrescerà un aspetto fondamentale nella vita di ogni persona: l'autostima.
E invitamoli anche a dichiararsi, a spendersi, per sè e per gli altri. A non chiudersi in un mutismo egoistico ed autoreferenziale. Proteggiamo dalla deriva dell'avere e del sembrare, solo chi saprà essere se stesso, infatti, godrà appieno de tesori della vita.
Tutti siamo speciali, ricordiamoci di dire ciò che proviamo a chi amiamo.
Se volete trasmettere il link a questo post fatelo: assomiglia ad una banale catena di S. Antonio, in fondo è un passaparola con un buon consiglio dentro.
E' così, ma quante volte ci ricordiamo di esserlo? Quante volte ci hanno fatto sentire così durante la nostra infanzia e anche in seguito?
Oggi ci sentiamo speciali?
Guardiamo i bambini, guardiamoli davvero e scopriamo la loro unicità. Rispettiamola.
Invitiamoli a cercare le proprie qualità, a valorizzarle, ad accettare i propri limiti, a non arrendersi. Questo accrescerà un aspetto fondamentale nella vita di ogni persona: l'autostima.
E invitamoli anche a dichiararsi, a spendersi, per sè e per gli altri. A non chiudersi in un mutismo egoistico ed autoreferenziale. Proteggiamo dalla deriva dell'avere e del sembrare, solo chi saprà essere se stesso, infatti, godrà appieno de tesori della vita.
Tutti siamo speciali, ricordiamoci di dire ciò che proviamo a chi amiamo.
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