27 lug 2010

Scoppia una guerra? Bene, benissimo...

Com’è difficile distrarre i bambini dalle calamite della tv! In casa mia il “tubo catodico” è bandito dalla cucina e da ogni stanza che non sia la sala, e anche in sala ha vita dura, durissima. Certo attrae l’attenzione dei bambini, incantandoli. Puah!
In queste sere abbiamo cenato in sala e in un paio di occasioni la tv era accesa… mio Dio, correre ai ripari, ma senza spegnerla, semmai mettendo in campo qualcosa di più attraente, una storia, una storia vera. Così, chissà perché, partendo da Garibaldi (“quale è l’eroe che ha una statua in ogni città italiana?”) siamo risaliti di guerra in guerra fino alla caduta del muro di Berlino.
Attenzione e fascinazione! Insomma: racconti 1 - tv 0.
Ma non è questo l’argomento. Alla fine naturalmente si sprecavano le domande, sui perché di questa e quella guerra etc etc.
Ho provato a fare loro una domanda: c’è qualcuno che è contento se scoppia una guerra?
A loro ho dovuto dirlo ma voi lo sapete bene.
Il Rapporto Annuale di un paio di anni fa di Amnesty International sullo stato dei diritti umani parlava anche di armi e di bambini, rilevando che c’è una inquietante disomogeneità delle disposizioni che disciplinano le esportazioni di armi da guerra e delle piccole armi ad uso civile.

Le armi leggere e di piccolo calibro come fucili, pistole, munizioni ed esplosivi sono le più diffuse nelle guerre in cui i bambini sono utilizzati come soldati.
Il commercio di queste armi non rientra nell'ambito della disciplina della Legge 185/1990, che contiene severe norme procedurali per l'esportazione, l'importazione ed il transito di armi ad uso bellico verso paesi terzi, ma in altra legge (110/1975) che diversamente non pone limiti alle esportazioni in base stato dei diritti umani del paese importatore e del coinvolgimento del quel paese in conflitto. L'Italia può vendere armi leggere a privati o governi di paesi in cui persone con meno di 18 anni partecipano alle guerre come parte di eserciti o di gruppi armati. Quali paesi reclutano bimbi per le guerre? Burundi, Filippine, Repubblica Democratica del Congo Ciad, Colombia, Nepal, Uganda e Afghanistan.

Tra 2002 e il 2007, l'Italia ha autorizzato l'esportazione di armi leggere e di piccolo calibro verso privati o governi di Filippine per € 7.169.863, Afghanistan per € 3.189.346, Colombia per € 1.027.196, Repubblica Democratica del Congo per € 179.582, Nepal per € 18.321, Uganda per € 10.088, Burundi per € 9.017, e Ciad per € 1.756.

E i commerci clandestini quanti saranno?

1 lug 2010

Sud Africa, la povertà degli Afrikaner

La povertà non guarda in faccia a nessuno, e il colore della pelle non garantisce di evitarla. La povertà è una condizione umana.
Quando si parla di povertà in Africa vengono in mente le bidonville di Nairobi o i ghetti del Sud Africa come Soweto. In Sud Africa la maggioranza indigena dei colored costituisce la grande maggioranza dei poveri del Paese, e siamo abituati a pensare che la comunità bianca non sia afflitta da questa piaga. Le immagini di questi villaggi ci mostrano che non è così. Negli ultimi 15 anni i bianchi che vivono in condizione di povertà sono cresciuti ed ammontano a circa 450.000, un decimo della popolazione bianca. Poveri come quelli che vivono in accampamenti di camper come Coronation Park.


(foto: Finbarr O'Reilly via boston.com)

28 mag 2010

Ti voglio, donna Moplen!

Forse non tutti sanno che nel 1963 il Premio Nobel per la Chimica fu vinto da un italiano, il signor Natta, che poco tempo prima inventò una materia plastica rivoluzionaria, il Moplen.
Tramite una reazione di polimerizzazione, a partire dal propilene o dall'etilene, il Natta ottenne questa materia che per la sua resistenza meccanica e l’economicità “rivoluzionò l’industria dei materiali plastici”, dice Wikipedia, e la mia esistenza - aggiungo io.
Chi è stato bambino a cavallo tra gli Anni 60 e 70 se lo ricorderà, ‘sto Moplen, perché pubblicizzato da Gino Bramieri in Tv, a Carosello: “E mo, e mo, e mo? Moplen! Ma signora badi ben che sia fatto di Moplen”.
E cos’è il Moplen? Ce l’avete un secchio di plastica in casa? Beh, quello è Moplen. Banale oggi, sensazionale all’epoca.
Da tempo è entrato nel repertorio delle cose consuete, banali. Però basta che venga utilizzato con nuove finalità ed eccolo riaffiorare.
Forse non tutti sanno che, infatti, col Moplen e con tanta pazienza, un nuovo miracolo scientifico s’è compiuto ed ha un nome: Ângela Filgueiras dos Santos, in arte Angela Bismarchi.
La donna che avendo un nome da trujun s’è data un nome d’arte da casalinga di Brugherio per imporsi ancora più nelle cronache di mezzo mondo.
E’ lei la donna più rifatta che c’è, 38enne con 42 interventi in 15 anni, tra plastiche, liposuzioni, ricostruzioni, tagliandi. La donna che non volendo sembrare donna ha sfidato la scienza per assomigliare ad un trans di gomma, ad una bambola gonfiabile da sexy shop. Splendida, liscia che la si può (e deve, come da libretto d’istruzioni) lucidare col Fabello (lucida nuovo, lucida bello). Smussata come la New Beetle, attrezzata come un paracarro, meravigliosa e sontuosa rinascita del Moplen. Sì, il Moplen, materia sintetica sinuosa, eccitante, desiderabile, liscia, curvilinea… ebbene sì, amata e agognata nei miei più torbidi e mai confessati sogni feticistici.
Ah, Ângela dos Santos, in arte Bismarchi da Brugherio, non sai quanto t’amo per il sol fatto che hai restituito alla mia mente quelle memorie vespertine, del Carosello, col Ginone nazionale nei panni del vate casalingo del Moplen! Hai ridestato le sopite sensazioni, i sussulti che provavo al tatto nell’accarezzare secchi e vaschette colorate.
Ti adoro, così come sei: non ti deformi mai, sei leggera, sempre lucida e brillante. Ora dai compimento al mio malcelato feticismo sessuale: Ângela dos Santos, in arte Angela Bismarchi Moplen... accoppiamoci!

23 mag 2010

La tv, ignorala!

Riesco ad ignorare la tv con una nonchalance che fa invidia a qualcuno ma che ai più non è comprensibile.
Come puoi non guardarla? Non hai la parabola? Ma come... Italia1 non si vede?

La nonchalance è l'arte di fare una cosa strana come se fosse normalissima. La sostanza è farla perché ci credi.
Io credo che la tv sia uno degli elettrodomestici più dannosi e sono convinto che se ne possa tranquillamene fare a meno. Non dico di buttarla fuori di casa, potreste colpire qualcuno e procurarvi seri guai... ma se resta accesa più di un’ora al giorno mi viene da pensare.

La tv non... La tv non consente interazione, la tv non è socializzante.
Ma quel che è peggio, è il più invadente dei mezzi di comunicazione e ci vomita nell’intimità del nostro focolare domestico camionate di melmosa banalità.
In più, può portarci a sbiadire la percezione della realtà concreta, a fare del “visto in tv”, della finzione e della esagerazione, la realtà a cui ci affidiamo.
La tv come media ha una regola elementare che tende a rispettare rigorosamente: come mass media rivolge i propri messaggi ad un pubblico il più ampio possibile, e questo avviene mediando tutto, semplificando tutto, essendo convenzionale. Quanto più la soglia di comprensione critica è abbassata, tanto più i messaggi passeranno facilmente, il pubblico sarà più ampio. Se la tv riesce a sdoganare la pochezza, la volgarità, la menzogna… il gioco è fatto: se lo fanno o lo dicono in tv allora in qualche modo va bene.
La tivù può svuotare la personalità di chi vi si affida e generare un inconsapevole “rilassamento intellettivo”, chiamiamolo così.

La tv "per i bambini"?
Per i bambini – che stanno strutturando la propria personalità e sono fortemente influenzabili - la tv è un vero orco, potenzialmente almeno. Cosa vedono in tv i bambini, o meglio cosa colgono?
Esempi, esempi di vita. Vita simulata ma incredibilmente attraente. Esempi spesso negativi, spesso finti, spesso mendaci, modelli non adeguati all’età: qualche sera fa ho visto Pupo con un bambino vestito da adulto che scimmiottava i cantanti adulti, seguito da una band di bambini che facevano altrettanto. Bravi, bravissimi a suonare ma impostati su un modello che appartiene ad un’altra età.

La tv sta meglio... L’esposizione prolungata ai programmi televisivi ruba tempo al gioco e induce i bambini a ripetere schemi stereotipati che come tali inibiscono la loro creatività.

La tv sta meglio spenta.