Devo essere sincero, mi son rotto i maroni del buonismo e delle teorie. Quando la vita comunitaria soffre di mali e deviazioni, quando il degrado diviene insopportabile, penso che si debbano prendere decisioni anche se non indolori e mirare dritto alla soluzione dei problemi,
Penso anche, tuttavia, che sia un bel dire, e che prima di ogni scelta vengano i valori che le scelte debbono ispirare.
Di valori se ne respirano pochi, di ipocrisia ed egoismo invece ne sono piene le giornate di tutti noi. Fino ad oggi mi sono chiesto, lo ammetto, che senso e soprattutto che utilità possa avere prendere le impronte digitali ai bambini Rom. Ho cercato di non schierarmi e di riflettere. Ragazzi, ho riflettuto e ora vi dico “ch' a mme me pare na strunzat!”.
Insomma,sì, stiamo parlando di bambini. Bambini fanno rima con futuro, speranza. Noi dovremmo lavorare per preparare loro il domani, e cosa facciamo? Per risolvere un problema di criminalità e degrado che ha radici lontane, prendiamo le prime vittime e le schediamo. Sì, partiamo dalle vittime!
Ma teniamo giù ‘ste mani sporche di interessi dai bambini, che non sono loro che hanno creato problemi a noi, ma noi a loro.
C’è un signore, di cognome fa Pontecorvo. Ci vene in mente quel Pontecorvo, Gillo, che non a caso è il suo compianto papà, e non a caso il figlio fa il regista che, acaso stavolta invece, legge un quotidiano e scopre Miloud, quel “pazzo” vestito da clown che a Bucarest, non in Via Condotti a Roma, si è messo in testa di passarci del tempo e fare qualcosa per il futuro dei bambini.
Bambini rumeni… pensate, se li è andati a cercare e, incredibile, non gli è ancora venuto in mente di predere loro le impronte per salvarli dalla loro grama esistenza.
Sì certo, direte voi, quello è un pazzo vestito da clown mica un Ministro della Repubblica, un perdigiorno senza costrutto, un buffone.
Un altro buffone dev’essere anche questo Marco Pontecorvo, che è andato pure lui a Bucarest per rendersi conto di persona della situazione.
Quale situazione, di cosa parli?
Parlo dei parenti poveri dei nostri Rom di periferia, dei parenti più straccioni e più disperati e più allo sbando e più ladri e più condannati, i bambini delle fogne di Bucarest, delle fogne sì, i «boskettari». Marco a Bucarest ci va per conoscere una storia incredibile, una storia d’amore vero dico io, e ne fa un film,«Pa-ra-da».
“Questo film s’ha da fare”, nasce da un'urgenza morale e allora si fa, ora sarà nelle sale dal 19 settembre.
Per raccontare a noi belli e ben vestiti la reale storia del clown di strada Miloud Oukili.
Costui giunge ventenne in Romania nel ’92, tre anni dopo la fine della dittatura di Ceausescu, e incontra i bambini dei tombini, i «boskettari», che vivono da straccioni, come randagi, dormono nei sotterranei di Bucarest, nelle grandi condotte dove passano i tubi per il riscaldamento. Vivono di espedienti. Rubano, fanno accattonaggio, picchiano, si drogano e si prostituiscono a qualche figlio di facile madre magari partito in classe business dalla nostra crassa pianurona industriale. Bambini che vivono in ambienti lerci, scappati da orfanotrofi o dalla povertà di casa, ammassati nel sottosuolo, nella rete dei canali.
Miloud, dicevamo, è un pazzo, un sognatore, una persona che il cuore ce l’ha per sé e per gli altri, ha un sogno, vuole fare qualcosa per quei disperati, restituir loro la vita.
A fatica vince il sospetto, li avvicina e insegna loro le attività circensi e clownesche, li riporta fuori dal ventre nero della città, che poi è la cloaca del nostro amore negato, li mette alla luce del sole, dopo tante traversie e impedimenti, dà loro la speranza di un futuro, crea una vera compagnia circense. Sì, mica una “fabricheta” di precari a 800 € al mese, no, altri clown e saltimbanchi. Crea Parada, la Fondazione Parada che offre ai bambini assistenza medica, sostegno psicologico e un tetto.
Un pazzo, praticamente! Un pazzo, mica come quell’altro che invece i bambini disagiati li vuole schedare per dare loro l’amore e le opportunità che non hanno.
Marco Pontecorvo con questa pellicola si è preso 12 minuti di applausi scroscianti al recente Festival del Cinema di Venezia, e ne va giustamente orgoglioso.
Dice il regista: “Questa storia ha un potenziale umano incredibile. Il film al di là dei suoi meriti artistici, testimonia gli sforzi, le difficoltà e i successi di quindici anni di lavoro dell'associazione di Miloud. I bambini di strada non sono solo un problema di Bucarest, ma una realtà che riguarda tutti i Paesi, dal Brasile alla Francia. Spero che faccia riflettere le persone soprattutto in un momento in cui dalla politica arrivano proposte di legge sconcertanti, che richiedono la nostra attenzione».
Eh, ma qualcuno le mani nella storia se le deve pur sporcare no, vero Maroni?
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