18 lug 2011

Il papà, paladino o sturmtruppen?

link sponsorizzati

Mi capita regolarmente di confrontarmi con altri genitori sui temi che riguardano la vita familiare. Ammetto che talvolta è un dialogo fatto di occhiate e gesti appena percettibili, intese che palesano sconforti e gioie della quotidianità. A volte bastano i segni: nei primi mesi di vita dei miei bambini dormivo pochissimo, e ogni mattina la mia faccia comunicava perfettamente anche non volendo il mio stato d’animo!

Il confronto con "i propri simili" certamente è fonte di apprendimento. Non l'unica, s'intende però, poiché anche il raffronto con chi non vive la dimensione della famiglia con figli è foriero di rivelazioni di grande interesse.
Infatti, osservando un modello di famiglia significativamente diverso, per numero ma soprattutto per dimensione di impegno, per differenza vedo meglio alcuni aspetti che nella famiglia con figli rischiano di restare sommersi o poco focalizzati.
Uno di questi è il ruolo della coppia e il modo in cui questa vive nella famiglia.
Ripeto a me stesso che la coppia è il fondamento della nostra famiglia e che se questa base viene meno il gruppo familiare inevitabilmente s’incrina, diciamo, eufemisticamente, che è costretto a mutare.

Io penso che un bimbo nasca anzitutto nella mente e nel cuore della coppia, prima che venga concepito quindi. E lì continua a crescere, non solo nello spazio fisico in cui esprime esigenze fisiche.
Crescere è quel processo di sviluppo contenuto tra due istanze forti, parallele: appartenere a chi lo ama e separarsi da questi. In mezzo a questo spazio, che è il brodo familiare, il bambino cerca e trova la sua individualità, condotto dai genitori che cooperano spartendosi i compiti.
In questa cosa papà e mamma hanno due ruoli diversi (ahimè, dico io… sigh!): la mamma custodisce il legame, ne è il riferimento primo, al papà invece spetta il compito di guidare il bambino prima e l’adolescente poi verso la separazione e l’individuazione e realizzazione di sé.
Fa da contraltare al complesso di Edipo si può dire, offre al figlio la strada per quella separazione. Il momento che mi sembra delicato è quello in cui i bambini passano dal bisogno immediato sempre soddisfatto al quello in cui desiderano e imparano ad attendere e cercare. Qui secondo me inizia il distacco. E mi "pare" che ricada sul padre l’onere di sostenere questo processo. Imponendo le regole che hanno come effetto quello di trasformare i bisogni in desideri.
Ma anche recuperando a sé e corrispondendo le attenzioni della propria compagna, separando i momenti della vita familiare da quelli riservati alla vita di coppia. Sembra un concetto astratto, in realtà è assai pratico: spazi, tempi, gesti esclusivi.
Io gioco con i miei figli ricordando loro che la loro mamma è la mia “fidanzata” e non la loro. In questo modo li invito ad intraprendere la strada che parte dal bisogno affettivo soddisfatto nella famiglia di nascita verso il desiderio di incontrare nel tempo altri riferimenti di affettività e a formare la loro coppia.
Mi sento un po’ come il paladino della coppia in quei momenti, ma non sempre mi riesce ad esserlo senza esitazioni e finisco per sentirmi come un goffo "sturmtruppen". Non è facile. Condurre il ruolo paterno significa essere occupato sia nel favorire piano piano la separazione dei figli sia nel preservare lo spazio della coppia, che è il presupposto della famiglia e come tale va valorizzata e difesa.
Postilla: non mi sono interrogato di proposito sul significato che oggi ha o può avere il termine “famiglia”. Ma è una riflessione da fare.

Nessun commento: