“La vita comincia a 46 anni. È quella l'età del più profondo scontento: poi si risale”.
L’ho letto sul Corriere che l’ha letto sull’Economist, che ci dedica addirittura la copertina del numero doppio di Natale. In sostanza alcuni studiosi sono giunti a disegnare la curva della felicità dell’ìuomo nel corso della sua vita, e questa è una parabola ad U: da piccoli siamo al top, poi il benessere emotivo cala e torna a ricrescere – a 46 anni - fino ad arrivare ad una sorta di climax estatico durante gli anni della tarda età.
In realtà gli articoli non forniscono grandi evidenze scientifiche. Una è lo studio di David Blanchflower di Dartmouth College, che ha studiato i dati provenienti da 72 Paesi del mondo. Il punto più basso del benessere personale varia da nazione a nazione, gli svizzeri vi arrivano a 35 anni, gli ucraini a 62 e la media è 46 anni. Obiettiamo che la crisi di mezza età non avrebbe bisogno di queste evidenze perché evidente lo è già: non avete amici o parenti maschi over 40 scappati con una 25enne e partiti per qualche nuova avventura lavorativa o hobbistica?
Bene. Consoliamoci. Cito: “Quando i giovani guardano agli anziani pensano che è terrificante sapere di essere vicini alla fine della vita”.
Ma gli anziani sanno fare meglio le scelte perché sanno dare valore alle cose importanti. Le fanno perché hanno la giusta ambizione, sanno meglio accettarsi. Guardano al reale, declinano tutto al tempo presente.
Indirettamente un'altra ricerca conforta queste affermazioni. Per diventare centenari è fondamentale la capacità di adattamento agli eventi - lo sostengono ricercatori americani dell'Università della Georgia che hanno condotto uno studio pubblicato sulla rivista Current Gerontology and Geriatrics Research).
Gli esseri umani sanno del loro status di mortali, e con l’età mettono a fuoco bene l’orizzonte, imparando ad vivere giorno per giorno, il che consente di ridurre le angosce e godersi la vita. Più o meno.
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