Di quando ero bambino ho ricordi da cartolina sbiadita, dietro la
quale ci sono state le esperienze, belle e brutte, che hanno fatto di me
quello che sono.
Dei fatti ricordo alcuni dettagli ma di una cosa
ho la netta e viva sensazione: non ero pressato dagli adulti per
crescere velocemente e la mia fantasia aveva le briglie sciolte. Magari
non era sollecitata e non gli si riconosceva la stessa dignità della
ragione, dell’impegno etc… ma aveva spazio. Così come ne aveva il gioco
libero, il tempo per stare a guardare fuori dalla finestra o sdraiato
sul pavimento faccia in su a fantasticare di quando avrei segnato quel gol in rovesciata a S. Siro o detto alla mia compagna di classe che mi piaceva.
Oggi,
nei gruppi e nei contesti relazionali principali in cui si muovono, i
bambini sono più protagonisti di allora, i loro bisogni sono la causa
delle azioni dei grandi perché di fatto nel tempo gli adulti si sono
orientati verso il desiderio dei bambini.
Ma i bambini,
e le loro famiglie, debbono fare i conti con l’azione soffocante dei
media sull’universo infantile, della tv in particolare, con la quale i
bambini stanno più tempo che con i loro genitori.
L‘assenza o la
minore disponibilità dei genitori è di per sé un problema: l’adulto
infatti ha anche il compito di mediare la realtà, di spiegarla dove è
più ostica, di introdurla un po’ per volta nell’universo meno definito
del bambino. Se l’adulto non c’è, questa mediazione viene meno e –
considerato che per contenuti e linguaggi in tv passa di tutto - la
distinzione tra mondo dell'infanzia e mondo adulto si assottiglia, si
confonde: il bambino accede al mondo dell'adulto, ai suoi problemi, ai
suoi segreti, come fosse alla sua pari. Ne riceve le medesime
sollecitazioni, quelle della pubblicità in primis.
Per
la pubblicità abbassare la soglia che divide infanzia da età adulta è
quindi allargare il mercato di destinazione. Detto in parole povere: se
caliamo cose da adulti nel mondo dei bambini, se rendiamo precoce
l’accesso alla vita adulta, ci creiamo un mercato più ampio. Questo
avviene stimolando e inducendo bisogni che convertono il bambino in un
potenziale compratore o in un “suggeritore” di beni da acquistare.
Piccoli
adulti…comprano! Ecco. Piccoli adulti sottoposti alla pressione di un
sistema educativo che da un lato favorisce l’ascolto dei loro desideri
(il bambino al centro) e dall’altro li orienta ad essere protagonisti di
consumi.
Piccoli adulti comprano. La cosa rende quindi.
Sento talvolta questo commento: “Che bambini privi di curiosità, sfrontati, annoiati, senza capacità di inventare”.
Domanda:
non siamo per caso proprio noi adulti che stiamo levando ai bambini
parte della loro potenziale capacità di crearsi una immagine di vita ed
un percorso soggettivo proprio, come sarebbe se lasciassimo loro lo
spazio per usare la fantasia? O piuttosto non li stiamo obbligando a
questa concretezza precoce del bisogno (indotto e mercificato)?
Ogni
bambino è un dono ed è unico, lasciamo che crei il proprio progetto
attingendo all’ampio ventaglio delle possibilità che solo una mente ed
uno spirito creativo e libero possono usare.
Lasciamo
che i bambini stiano sdraiati pancia in su a sognare. Che in un pezzo di Lego
vedano un soldatino o un calciatore o un pompiere e si costruiscano la
loro realtà di sogno e immaginazione, che esplorino le loro capacità.
Non togliamo loro le possibilità di cui abbiamo goduto noi da piccoli,
quel sapore, quella magia.
2 commenti:
Parole sante. Sono pienamente d'accordo. Per ragioni meramente mercantili si è deciso di sfruttare la massa dei bambini ed adolescenti per farli diventare compratori. Avremo adulti che non sono mai stati bambini. Molto instabili, inaffidabili,immaturi e puerili. Massimo.
Io ho segnato in rovesciata a beach soccer e fatto dei punti a beach volley battento proprio in rovesciata, non sarà lo stadio Meazza, ma il gesto c'è, eheh
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