Sono parole di Vittorio Sgarbi, che mi sento di sottoscrivere. Ma solo fin qui.
Mi spiego. Concordo perché c’è tanta ipocrisia nella operazione che portò ad imporre ai fabbricanti di marchiare a fuoco i pacchetti di sigarette con quelle scritte, che richiamano molto gli annunci mortuari. E soprattutto è un modo per salvaguardare, con una mera operazione un po' facciata, gli interessi delle aziende che le sigarette le producono, Monopoli di Stato compresi e con essi tutti quelli che ci campano.
Quanto concorrono quelle scritte a combattere il tabagismo? Poco o nulla.
Forse, in un processo di tambureggiante comunicazione contro il fumo, concorrono all’obiettivo di rafforzare la denuncia, specie ai più giovani e indifesi, che il fumo fa molto male.
In Svizzera, è partita una campagna di comunicazione al contrario, che intende ribaltare i termini, ovvero non sei originale e contro gli schemi, libero, perché fumi, lo sei se non lo fai. La campagna, si chiama SmokeFree e mette anche in vendita pacchetti di sigarette che, al posto delle sigarette, contengono card in molte lingue diverse, che spiegano i vantaggi di cui gode chi non fuma. Una campagna che parla dei benefici più che dei guai.
Torno a Sgarbi, e lo abbandono subito quando dice:
“Mi chiedo che cosa abbia frenato i titolari dei marchi, spesso bellissimi, di sigarette dal promuovere una causa (pensate alle Marlboro, alle Camel, alle Gauloises) per danni, letteralmente, all’immagine, contro le istituzioni che hanno deliberato questi inutili avvisi”.Questo non è un valore da tutelare per il semplice motivo che quanto vendono non va tutelato.