12 feb 2011

Sinistra strabica

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C'è una classe politica così abituata a sentirsi rappresentativa che non pare avere dubbi sul fatto che il Paese, forse, non solo non è quello che immaginano, ma neppure quello che li ha scelti anni e anni fa.
Establishment. Sempre meno rappresentativo.
E accade paradossalmente più a sinistra che a destra, dove invece, fanno i conti più facilmente avendo un sostanzioso parco elettorale a cui bastano quattro proclami, due veline, una Champions e il quizzone serale per fare una scelta in cabina elettorale.
A parte probabilmente l'elettore leghista, che invece vuole liberarsi di romaladroni-terroni-extracomunitari-diversi ma anche delle pesanti ruberie di Stato che affossano il suo benessere, costruito con un senso del lavoro spiccato.
Oggi sull'Unità Walter Veltroni dà prova di questo strabismo.
A proposito del Centocinquantesimo dell'Italia dice:
“Immaginate che effetto può fare su un ragazzo di 15 anni il dibattito assurdo che si è aperto sulla festa del 17 marzo. La festa, che pure è stata decisa per ricordare i 150 dell’Unità d’Italia, viene prima strombazzata e poi negata dentro lo stesso governo. Il valore dell’unità nazionale è importante e poi improvvisamente scompare per trasformarsi in una ricorrenza che sembra più il giorno del papà che una festa nazionale”. 
Questo è un fatto. Poi chiude:
“[…] Io credo che gli italiani nella loro grandissima maggioranza guardino al loro Paese e alla sua dimensione unitaria come ad un elemento prezioso e irrinunciabile. Per questo ritengo che non si lasceranno rovinare la festa da un governo che al posto di affrontare i problemi dell’Italia riesce solo a litigare dando, lui sì, l’idea che in fondo a questa unità si può guardare con tiepidezza, o forse addirittura non guardare per nulla”.

Caro Veltroni ti sbagli. Non esiste affatto una grandissima maggioranza attorno a questa celebrazione e alla dimensione unitaria del paese. Anzi, non ne parla quasi nessuno.
Esiste invece una amplissima disaffezione, così profonda che è passata dall’essere distacco dalla classe politica (ricordi i democristiani che votavano turandosi il naso?) ad essere disinteresse e rassegnazione per le sorti del paese o ripiegamento difensivo sui fatti e interessi propri, come unica dimensione davvero sensata, affidandosi quindi a chi localmente o a livello nazionale gli promette la libertà di coltivarseli quei fatti propri senza doversene vergognare, ma anzi vantandosene (mentre scrivo al Teatro dal Verme a Milano un inutile Giuliano Ferrara sta attaccando la dimensione morale della politica come fosse peste, celebrando il bunga-bunga come supremo atto di civiltà e libertà).
Leccapiedi e opportunisti a parte, il senso civico degli italiani è ai minimi storici. Questa è la vera forza di Berlusconi.

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