|
Mi manda... |
Bossi è l’astuto politico (italiano, padano?) non esemplare in quanto a buone maniere (non si contano i diti medi alzati oramai) e a coerenza.
La manifestazioni poco educate paiono essere una strategia del politico leghista, dire le cose che “tutti pensano” e così come si dicono al bar fa sembrare la Lega, almeno ad una parte dell’elettorato, un partito schietto e comprensibile e, per i meno sottili d’intelletto, un partito “davvero vicino alla gente”.
In quanto all'incoerenza, ogni fazione politica, in una nazione davvero civile e rispettosa delle sue leggi costitutive, farebbe della incoerenza il motivo per la secca bocciatura di un politico.
In Italia, paese dell’opportunismo e nel quale la furbizia è un valore, questo non solo non accade, ma è anzi premiante. E il premio più grosso in politica fino ad oggi l’ha riscosso Umberto Bossi.
Nepotismo padano? L’argomento più eclatante è il
nepotismo dilagante, che affligge anche la Lega.
Ricordiamo un antefatto spiazzante per Bossi, almeno in teoria, ovvero la dichiarazione (Corriere della Sera, 11 novembre 2004 e ripreso in “Inganno Padano, la vera storia della Lega Nord”) della Simonetta Faverio, allora addetta stampa del Carroccio, e che nel tempo scala le vette della Rai:
“In un movimento che si propone di fare la rivoluzione non ci può essere posto per gli arrivisti, i corrotti, i poltronari, i leccaculo, i pentriti e i lottizzatori”.
La mia banda suona il rock. Ma è di questi giorni la notizia (Corriete.it del 13 agosto 2011 a firma di Ilaria Morani) che coinvolge una persona vicina al Ministro degli Interni Maroni:
Simona Paudice - vocalist dei Distretto 51, gruppo musicale dove suona anche il ministro Roberto Maroni, viene assunta in modo secondo alcuni poco trasparente all'ospedale di Treviglio, il direttore dell’azienda è il Cesare Ercole.
Simona Paudice ha partecipato a un bando di concorso per un posto da coadiutore amministrativo esperto, posti 7, le candidature solamente 23. All'Asl di Bergamo nell'ultimo concorso erano arrivate centinaia di domande. “Nessuno ci aveva avvisato del bando, come invece sempre accade”, dicono alla Cgil.
La Paudice passa la prima selezione, quella che valuta il curriculum, con un punteggio molto basso, 3,842 su un massimo di 20. Ma nello scritto si fa valere e becca 50 punti “per aver risposto eccellentemente alla domanda sulla legge 196 del 2003, in tema di privacy”. Altro assunto sarà anche il giovane autista, Gianluca Barbieri, nato a Broni, paese natale proprio del direttore Ercole. Il ragazzo come punteggio di partenza era quello messo peggio in assoluto: 0,25. Ma all’orale evidentemente grande exploit.
La saga dei Bossi. I libri "La casta" e "Inganno padano" ne raccontano delle belle.
Franco Bossi, ex venditore di autoricambi, fratello del Senatur, diviene portabosrse dell’europarlamentare Matteo Salvini, quello di Radio Padania.
Riccardo Bossi, primogenito del Senatur, fuoricorso, diviene portaborse dell’europarlamentare Francesco Speroni.
E poi Renzo Bossi, ancora figlio del Senatur, secondo le cronache tre volte bocciato alla maturità, viene eletto poco più che 21enne alla carica di consigliere regionale in Lombardia, forte dei più di 12mila voti ricevuti.
E Castelli che fa? Un altro caso interessante, che i due autori raccontano, è quello del consulente esperto di cui si avvalse l’ex ministro della Giustizia, Roberto Castelli, leghista. Avendo necessità di un esperto in edilizia carceraria, scelse senza battere ciglio l’amico Giuseppe Magni. Ecco il curriculum: artigiano metalmeccanico, grossista in prodotti ittici freschi, congelati e surgelati, deputato per la provincia di Lecco al Parlamento di Chignolo Po (assemblea dei padani). Di carceri ne sapeva qualcosa? No, però l’incarico, rinnovatogli pare ben sette volte, gli fruttò qualcosa come 200mila euro – pagati non dai padani ma dagli italiani, ricordiamocelo - in cambio di relazioni generiche come la Corte dei Conti stabilì poi, condannando il ministro a risarcire lo Stato con più di 98mila euro, data “l’eclatante illegittimità e illiceità del comportamento del ministro”.
La casta, in questo caso il tribunale dei ministri, assolse Castelli.
Non solo padani. Le cronache riportano altri chiacchierati casi, alcuni oggetto anche di denunce, riguardanti altri nomi altisonanti dell’establishment leghista, ad esempio quello di Tosi, sindaco di Verona.
Che sia un malcostume ampiamente diffuso e che questo faccia della classe politica una “casta” non ci sono dubbi. La gestione clientelare da parte dei politici è vecchia come il mondo ma quel che stona è la posizione che la Lega ha sempre assunto, particolarmente avversa ai comportamenti clientelari di certa classe politica meridionale.
In Valle d'Aosta che succede? Ma, come ricordano Rizzo e Stella nel loro libro “La casta”, tutto il mondo è paese e ad esempio in Val d’Aosta non son da meno. Un cognome ritorna spesso, quello di Caveri: Luciano assessore al Turismo e futuro Governatore regionale della localissima Unione Valdotaine; Alberto avvocato che riceve una commessa per una consulenza legale da 61mila euro. Un altro cognome in voga è quello di Cerise: Alberto è assessore ai Lavori pubblici (Unione Valdotaine), Italo agronomo, Bruno ingegnere, Chantal esperta di beni culturali… tutti, secondo quanto scrivono i due autori, ricevono incarichi dalla Regione.
Tutti bravissimi o un po’ paraculati?