25 gen 2011

L'Ikea è un labirinto. O no?

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Il professor Allan Penn, direttore del Virtual Reality Centre for the Built Environment dello University College London) ha fatto una grossa scoperta.
Che suona più o meno così: il layout dell'Ikea è fatto per vendere il più possibile. Nooo!
E come l’hanno pensato questi svedesi? Come un labirinto, dove il cliente gira e rigira entra in contatto con tutto il catalogo e quindi ha molte possibilità di acquistare, anche ciò che non gli serve.

Chi di voi non è mai stato all’Ikea? Credo quasi nessuno, parliamo quindi per esperienza diretta. In effetti, attorno ad un percorso principale si snodano percorsi secondari tra “gondole” (si chiamano così gli espositori della grande distribuzione) e “isole” espositive.
I prodotti sono organizzati in buona parte in ambienti casalinghi (la cucina, la sala…) completamente arredati e tutto quello che si vede è in vendita (a parte le tv finte). Molte suppellettili sono collocate negli ambienti e poi le si ritrovano più avanti in reparti specifici, tutti rigorosamente “in fila” lungo il percorso principale (non ce ne è uno che possa essere saltato).
Secondo il professor Allan Penn questo layout è un'arma psicologica studiata per confondere e disorientare i clienti :
"Il successo dell'Ikea si basa su una specie di imbarazzo dei clienti che perdono l'orientamento. Per raggiungere l'uscita bisogna girovagare in una serie infinita di svolte e giravolte. In questo infinito viaggio si mettono perciò nel carrello molte più cose di quelle preventivate".
Ora facciamo un salto in uno store diverso ma a tutti molto familiare, quello di Autogrill. In autostrada ci avete viaggiato tutti e una sosta l’avete certamente fatta. Il percorso, all’interno del negozio, anche in quelli che esistono da 40 anni, è sempre obbligato. Gli scaffali sono stracolmi e danno sempre idea di grande abbondanza e assortimento, sono sempre completati da isole con prodotti in promozione (chi non ricorda la piramide delle confezioni maxi di Nutella o le isole con decine di tipi di cioccolata in confezioni ammalianti?). In linea di massima un iter forzato (al massimo potete andare in bagno), in cui non ci si perde, ma dove comunque si passa in rassegna tutta la merce.
Naturalmente quelle di Ikea e di Autogrill sono disposizioni diverse, che nascono anche da esigenze diverse (topologia e numero di referenze, necessità espositive, ingombri, conservazione dei prodotti…).

In store marketing.
Semplificando la distribuzione ragiona grossomodo come segue. Devo anzitutto portare i potenziali clienti dentro il punto vendita e qui – oltre alla attrattività della proposta commerciale e alla efficacia della comunicazione - l’immagine del negozio è fondamentale (ordine, pulizia, addetti precisi e disponibili…): stiamo parlando di attrattività degli spazi. Successivamente devo trasformare questi potenziali clienti in clienti effettivi, quindi devo rendere gli spazi produttivi. Più la merce è esposta ordinatamente al passaggio e alla vista dei clienti e più le vendite salgono. Il design del negozio, la sua forma, la presentazione della merce, gli espositori, le promozioni in-store… sono molteplici ed oggetto di continui studi e sperimentazioni. Ciò che li accomuna tutti è che mirano a massimizzare la produttività del singolo metro quadro (quanto fatturato al metro tenuto conto dei costi al metro?).

La tesi della ricerca inglese è che vagando nel labirinto il visitatore resta a contatto con mobili, suppellettili, lampade e miriadi di item a poco prezzo che vengono comprati così più facilmente.
Io le chiamo simpaticamente “le merdate”, quelle cosine colorate e di design, a prezzo contenuto, di cui sono disseminati tutti gli ambienti dell’Ikea, e che finiscono nel saccone blu o giallo molto facilmente, semplicemente perché “sono carine” e promettono di dare un tocco di fantasia alla casa oppure di risolvere micro problemi di spazio o d’uso.
Parti per comprare mensole e porta tv per la sala, torni con un set di candele, vasi e vasetti e contenitori colorati per non si sa bene cosa. Peccato che un conto è vedere accostati su una mensola bianca quattro vasi di colore diverso, altro comperarne uno viola e poi appoggiarlo sul mobilaccio marrone nel tuo salotto di 15 metri quadri.
Ikea – che fu fondata nel 1943 dallo svedese Ingvar Kamprad e che oggi conta 283 negozi in 26 diversi paesi - nel 2010 ha prodotto 2,7 miliardi di euro di profitti. Non male. Segno che la proposta di Ikea è accattivante (non dimentichiamo che ha rivoluzionato il settore incontrando una domanda di prodotti a basso prezzo e di stile moderno che mancava di una offerta).
Naturalmente i risultati dell’indagine sono smentiti dai portavoce di Ikea che sostengono che i layout dei loro negozi sono  stati studiati per mettere a proprio agio i clienti.
Possibile che sia così, ma quell’agio è naturalmente offerto per un obiettivo chiaro, non regalare relax ma vendere quanto più possibile.
Inoltre, credo che sia comune a molti la sensazione di essere quasi aggrediti dalle proposte di Ikea dentro il negozio, con quella miriade di piccole e nuove idee di complemento d’arredo che vi scivolano nello shopper ad ogni metro e che… sono “così carine”.

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