Il Game Boy prima, il DS negli ultimni anni, quella consolle portatile che tiene incollati i bambini alla sedia al ristorante, in macchina... l'avete sicuramente presente.
Il 26 febbraio in Giappone e a marzo nel resto del mondo, sarà lanciata la nuova versione, Nintendo 3DS - che permette una visione tridimesionale senza l'uso degli occhiali appositi -.
Ma prima ancora di allora, Nintendo ha una cosa da dire a proposito della sua nuova versione della consolle e lo scrive sul suo sito: in sostanza i bambini dai 6 anni in giù devono giocare solo in modalità 2D (selezionabile) poiché esporre gli occhi a immagini in 3D per un lungo periodo può avere effetti negativi sulla loro vista, che è in fase di sviluppo. Nintendo suggerise comunque a tutti di non abusare della console, suggerendo una pausa ogni 30' di gioco.
Un avvertimento che fa riflettere. In sostanza l'uso di queste macchine rischia di essere pericoloso se l'uso è prolungato. E l'uso, ahimè, per esperienza, è prolungato in molti casi.
Ma la riflessione è anche un'altra: la usano bambini sotto i 6 anni? Genitori, questo è davvero normale?
Lasciare un bambino di 5 anni incollato ad una sedia, immerso in un mondo virtual e asociale?
30 dic 2010
29 dic 2010
Minzolini, fosse coerente...
La giornalista Tiziana Ferrario vince la causa che la opponeva alla RAI e dovrà essere reintegrata nelle mansioni di conduttrice del Tg1 delle 20 e di inviata speciale per grandi eventi, incarichi dai quali era stata sollevata dall'ineffabile Augusto Minzolini, che reclamava - e insiste nel farlo - il diritto di dare al Tg1 volti nuovi (ma non si capisce se uno è bravo perché lo si debba cambiare).
Per il giudice la scelta configura invece una "grave lesione della sua professionalità per motivi di discriminazione politica a seguito dell'opposizione della stessa giornalista alla linea editoriale del direttore Augusto Minzolini". Con la Ferraio vennero rimossi nella primavera scorsa, casualmente, altri giornalisti che non firmarono la famosa lettera favorevole a Minzolini.
Tiziana Ferrario è uno dei volti storici del giornalismo televisivo, oltre a presentare il Tg1 per la stessa testata stata inviato speciale in molte regioni "calde" del pianeta (Afghanistan, Medio Oriente, Iraq, Darfur...); è Consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti, membro del Direttivo della sezione italiana di "Reporters sans frontières", Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Nell'aprile 2010, quando venne rimossa, i consiglieri di minoranza del CdA Rai parlarono esplicitamente di epurazione:
L'epuratore è il criticatissimo Augusto Minzolini. Di lui ricordiamo che in passato si propose - forse perchè gli faceva comodo per emergere - come giornalista d'attacco anche sulla vita privata dei politici.
Minzolini si difende dicendo che il suo Tg1 non pubblica notizie fondate solo sul gossip.
No? Ha per caso cambiato idea allora Minzolini rispetto al passato?
Così è.
Minzolini fosse coerente, si ripulirebbe e si censurerebbe da sè.
Per il giudice la scelta configura invece una "grave lesione della sua professionalità per motivi di discriminazione politica a seguito dell'opposizione della stessa giornalista alla linea editoriale del direttore Augusto Minzolini". Con la Ferraio vennero rimossi nella primavera scorsa, casualmente, altri giornalisti che non firmarono la famosa lettera favorevole a Minzolini.
Tiziana Ferrario è uno dei volti storici del giornalismo televisivo, oltre a presentare il Tg1 per la stessa testata stata inviato speciale in molte regioni "calde" del pianeta (Afghanistan, Medio Oriente, Iraq, Darfur...); è Consigliere nazionale dell'Ordine dei giornalisti, membro del Direttivo della sezione italiana di "Reporters sans frontières", Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Nell'aprile 2010, quando venne rimossa, i consiglieri di minoranza del CdA Rai parlarono esplicitamente di epurazione:
"Ormai è evidente che al Tg1 è in corso una vera e propria epurazione dei giornalisti che non hanno firmato la lettera in favore del direttore. La settimana scorsa era toccato al caporedattore Massimo de Strobel, oggi Minzolini ha annunciato al comitato di redazione che sono stati sollevati dal loro incarico di conduttore Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso, tutti professionisti che hanno contribuito a scrivere la storia di quella che un tempo è stata la più importante testata televisiva".L'epuratore.
L'epuratore è il criticatissimo Augusto Minzolini. Di lui ricordiamo che in passato si propose - forse perchè gli faceva comodo per emergere - come giornalista d'attacco anche sulla vita privata dei politici.
"La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico".Nel tempo deve esseresi opportunamente ricreduto tuttavia. Almeno da quando è stato messo a fare il direttore del Tg1 compiacente alla maggioranza di governo. Nell'estate 2009 Minzolini oscura al TG1 le notizie dell'inchiesta della procura di Bari relative ai ben noti e provati scandali sessuali che vedono Berlusconi a Villa Certosa e Palazzo Grazioli in compagnia di escort.
Minzolini si difende dicendo che il suo Tg1 non pubblica notizie fondate solo sul gossip.
No? Ha per caso cambiato idea allora Minzolini rispetto al passato?
Così è.
A metà degli anni '90 si inizia a parlare di «minzolinismo», neologismo inteso come forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte. (Wikipedia)22 marzo 1994, la Stampa. Minzolini pubblica un articolo in cui risulta una dichiarazione di Luciano Violante, - che era presidente della Commissione Antimafia - , nella quale Alberto Dell'Utri, fratello di Marcello Dell'Utri, amicone tuttofare di Silvio Berlusconi, risulta coinvolto in una inchiesta sul capomafia Nitto Santapaola. Violante smentì, querelò Minzolini, ma dovette dimettersi (altri tempi e altro spessore vero Berlusconi?). Ma veniamo al punto: Minzolini rivelò poi che l'intervista per la parte sulle dichiarazioni di Violante su Dell'Utri, mai c'era stata, era "frutto di impressioni soggettive determinate da un malinteso all'interno di una conversazione su altro soggetto".
Minzolini fosse coerente, si ripulirebbe e si censurerebbe da sè.
27 dic 2010
Il magazzino di Babbo Natale
Foto via Boston.com |
Ecco dove stavano probabilmente i vostri regali fino a poche ore fa: in uno dei magazzini di Amazon (questo è quello di Amazon.co.uk di Swansea, Galles, il più grande nel Regno Unito).
25 dic 2010
Cos'è la libertà
Ho la mia libera volontà
ma entro certe limitazioni
Non posso desiderare per me stesso
mutazioni illimitate
Non posso sapere cosa sarei
se non fossi io
posso solo immaginarmi...
Una sublime poesia in musica racconta della nostra libertà...
Free will and testament
Given free will but within certain limitations,
I cannot will myself to limitless mutations,
I cannot know what I would be if I were not me,
I can only guess me.
So when I say that I know me, how can I know that?
What kind of spider understands arachnophobia?
I have my senses and my sense of having senses.
Do I guide them? Or they me?
The weight of dust exceeds the weight of settled objects.
What can it mean, such gravity without a centre?
Is there freedom to un-be?
Is there freedom from will-to-be?
Sheer momentum makes us act this way or that way.
We just invent or just assume a motivation.
I would disperse, be disconnected. Is this possible?
What are soldiers without a foe?
Be in the air, but not be air, be in the no air.
Be on the loose, neither compacted nor suspended.
Neither born nor left to die.
Had I been free, I could have chosen not to be me.
Demented forces push me madly round a treadmill.
Demented forces push me madly round a treadmill.
Let me off please, I am so tired.
Let me off please, I am so very tired.
Robert Wyatt.Sperimentatore geniale, poco conosciuto dal grande pubblico, ex batterista dei Soft Cell, protagonisti della scena di Canterbury (progressive rock UK), poi divenuto tastierista a causa di un incidente che da decenni lo costringe su una sedia a rotelle. Musicista e poeta cerebrale, impegnato, mente e cuore aperti capaci di rivelare intimi stati d'animo, ora pesantissimi ora soavi. Un maestro.
Due album su tutti: Rock Bottom (Thirsty Ear, 1974) e Shleep (Thirsty Ear, 1997). Ascoltateli.
23 dic 2010
La Natività ai tempi del web
I tempi cambiano, i sentimenti rimangono gli stessi?
22 dic 2010
Fa freddo: c'è un naso rosso... contro l'indifferenza!
Miloud Oukili con i ragazzi di strada di Bucarest |
"Un naso rosso contro l'indifferenza" è l'iniziativa di solidarietà con cui l'associazione Parada Italia presta aiuto ai ragazzi di strada di Bucarest. Quelli immortalati nell'omonimo film, il lungometraggio di Marco Pontecorvo che racconta la cruda storia vissuta da Miloud Oukili, un giovane clown franco-algerino, che ha portato nei sottosuoli di Bucarest - dove vivono in condizioni durissime questi ragazzi - la sua arte, disvelando così al mondo questa realtà.
Cosa fa Parada.
La mission di Parada Italia è dare sostegno e strumenti d’intervento per garantire un futuro ai bambini e giovani di strada. Parada, inoltre, cerca di coinvolgere la società civile tutta affinché diventi portavoce dei valori quali il rispetto e l’apertura alla diversità, che sono alla base della nostra filosofia. Opera attraverso una rete capillare di volontari su tutto il territorio nazionale, i quali organizzano progetti personalizzati, esperienze artistiche residenziali, laboratori artistici, tournée: ogni anno circa 20 città, 100 scuole, 150 famiglie e 80.000 persone in Italia vengono coinvolte nel progetto.
Premio per la Pace.
Il 14 dicembre 2010 il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni all'Auditorium Gaber di Milano ha conferito a Parada Italia il Premio per la pace, perchè “impegnata da oltre dieci anni per il riconoscimento dei diritti dell'infanzia negata, a Bucarest e in Italia; l'associazione è stata tra i pionieri nell'intervento a favore dell'infanzia emarginata di Bucarest, con il merito di aver fatto conoscere all'opinione pubblica internazionale la situazione dei bambini di strada rumena, attraverso la campagna Un naso rosso contro l'indifferenza”.
Emergenza freddo
In questo freddo Natale i ragazzi che ancora sono in strada a Bucarest hanno bisogno di aiuto.
Con altre associazioni Parada si sta attivando per distribuire generi alimentari, coperte e vestiti. Ma i fondi a disposizione sono scarsi: serve aiuto!
Vi chiedo di pensare ad una donazione. Potete fare un bonifico o un versamento a Parada:
- bonifico bancario intestato a Parada Italia c/c 117354 di Banca Etica IBAN IT22 X050 1801 6000 0000 0117 354 ABI 05018 CAB 01600 CIN X intestato a Parada ItaliaIl bel video che in pochi minuti descrive questa storia di solidarietà:
- versamento C/C postale c/c postale n. 70746839 intestato a Parada Italia
Altre informazioni: www.parada.it
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21 dic 2010
Arresto preventivo, in alcuni casi ci vuole!
Pippo Franco, vecio tronista o...? |
La proposta potrebbe avere benefici effetti deterrenti, un po' come la patente a punti.
Riflettiamo. Supponiamo che abbiate fondati e pesanti sospetti e anche qualche prova (esempio, intercettazioni) che una persona a voi nota possa essersi macchiato di alcuni reati, ad esempio:
- Rapporti occulti con società svizzere
- Traffico di droga
- Falsa testimonianza
- Tangenti alla Guardia di finanza
- All iberian finanziamento illecito al PSI
- Falso in bilancio aggravato All Iberian
- Falso in bilancio Lentini
- Falso in bilancio Medusa cinematografica
- Falso in bilancio nell'acquisto dei terreni di Macherio
- Concorso in corruzione in atti giudiziari Lodo Mondadori
- Corruzione SME
- Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest
- Tangenti fiscali sulle pay-tv
- Stragi del 1992-1993
- Concorso esterno in associazione mafiosa
- Diffamazione aggravata dall'uso del mezzo televisivo
- Violazione della legge antitrust, frode fiscale, riciclaggio di denaro - Telecinco
- Corruzione funzionario rai Saccà
- Riciclaggio e fondi neri compravendita diritti televisivi
- Abuso d’ufficio voli di Stato
- Indebite pressioni su Agcom
- Evasione fiscale e reati tributari
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19 dic 2010
La vita comincia a 46 anni
Cari amici del baby boom, oramai over 40 quindi, sarà per il calo dei consumi da diffusa sfiducia e depressione, sarà perché tanto anche le ricerche scentifiche si rincorrono a smentirsi, sarà perché c’è sempre bisogno di una spintarella… ma la notizia che aspettavamo, noi bambini (mai) cresciuti, che giocavamo a macchinine all’inizio degli anni 70, e poi a Subbuteo e che negli anni 80 ci siamo bevuti la Milano da bere guardado quella certa tv che ha corrotto un intero paese (come ha detto recentemente… uno che l’ha fatta, paolo Bonolis!)… noi insomma, beh la notizia che se non ci rilancia almeno ci conforta, ecco quella, è arrivata.
“La vita comincia a 46 anni. È quella l'età del più profondo scontento: poi si risale”.
L’ho letto sul Corriere che l’ha letto sull’Economist, che ci dedica addirittura la copertina del numero doppio di Natale. In sostanza alcuni studiosi sono giunti a disegnare la curva della felicità dell’ìuomo nel corso della sua vita, e questa è una parabola ad U: da piccoli siamo al top, poi il benessere emotivo cala e torna a ricrescere – a 46 anni - fino ad arrivare ad una sorta di climax estatico durante gli anni della tarda età.
In realtà gli articoli non forniscono grandi evidenze scientifiche. Una è lo studio di David Blanchflower di Dartmouth College, che ha studiato i dati provenienti da 72 Paesi del mondo. Il punto più basso del benessere personale varia da nazione a nazione, gli svizzeri vi arrivano a 35 anni, gli ucraini a 62 e la media è 46 anni. Obiettiamo che la crisi di mezza età non avrebbe bisogno di queste evidenze perché evidente lo è già: non avete amici o parenti maschi over 40 scappati con una 25enne e partiti per qualche nuova avventura lavorativa o hobbistica?
Bene. Consoliamoci. Cito: “Quando i giovani guardano agli anziani pensano che è terrificante sapere di essere vicini alla fine della vita”.
“La vita comincia a 46 anni. È quella l'età del più profondo scontento: poi si risale”.
L’ho letto sul Corriere che l’ha letto sull’Economist, che ci dedica addirittura la copertina del numero doppio di Natale. In sostanza alcuni studiosi sono giunti a disegnare la curva della felicità dell’ìuomo nel corso della sua vita, e questa è una parabola ad U: da piccoli siamo al top, poi il benessere emotivo cala e torna a ricrescere – a 46 anni - fino ad arrivare ad una sorta di climax estatico durante gli anni della tarda età.
In realtà gli articoli non forniscono grandi evidenze scientifiche. Una è lo studio di David Blanchflower di Dartmouth College, che ha studiato i dati provenienti da 72 Paesi del mondo. Il punto più basso del benessere personale varia da nazione a nazione, gli svizzeri vi arrivano a 35 anni, gli ucraini a 62 e la media è 46 anni. Obiettiamo che la crisi di mezza età non avrebbe bisogno di queste evidenze perché evidente lo è già: non avete amici o parenti maschi over 40 scappati con una 25enne e partiti per qualche nuova avventura lavorativa o hobbistica?
Bene. Consoliamoci. Cito: “Quando i giovani guardano agli anziani pensano che è terrificante sapere di essere vicini alla fine della vita”.
Cosa hai intenzione di fare, ora?!
Ovvero, dei buoni propositi.
“Se vuoi avere successo nella tua vita, ricorda questa frase: "Il passato non è uguale al futuro. se hai fallito ieri, o oggi, o un momento fa; o in tutti gli ultimi sei mesi, o negli ultimi sedici anni, o negli ultimi cinquanta anni della tua vita, non significa nulla... la questione è: cosa hai intenzione di fare, ora?!" (Anthony Robbins)Gli ultimi gironi dell'anno sono i giorni dei buoni propositi, dei "farò" o, peggio, dei "vorrei fare". Meglio alzarsi sulla punta dei piedi e guardare lontano, ma cominciare subito a fare.
17 dic 2010
Danza lenta
Hai mai guardato i bambini in un girotondo?
O ascoltato il rumore della pioggia
quando cade a terra?
O seguito mai lo svolazzare
irregolare di una farfalla?
O osservato il sole allo
svanire della notte?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Percorri ogni giorno in volo?
Quando dici "Come stai?"
ascolti la risposta?
O ascoltato il rumore della pioggia
quando cade a terra?
O seguito mai lo svolazzare
irregolare di una farfalla?
O osservato il sole allo
svanire della notte?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Percorri ogni giorno in volo?
Quando dici "Come stai?"
ascolti la risposta?
12 dic 2010
Evasione fiscale, chi ruba di più?
Il dilemma è sempre quello: tasse troppo alte e quindi evasione fiscale oppure troppa evasione fiscale e quindi tasse crescenti?
Arrovelliamoci ma i nuovi dati, nel frattempo, sono sconfortanti: l’evasione fiscale in Italia è in crescita del 10,1% nel 2010 e siano al primo posto in Europa con il 54,5% del reddito imponibile evaso, per un totale di somme sottratte all'erario pari a 159 miliardi di euro l'anno (dati: Krls Network of Business Ethics - Contribuenti.it).
Le aree in cui l’indagine ha suddiviso l’evasione fiscale sono 5: evasione delle società di capitali, economia sommersa, economia criminale, evasione delle big company, evasione di lavoratori autonomi e piccole imprese.
Credete che siano le mafie e le altre organizzazioni criminali a sottrarre le maggiori risorse in termini di tasse eluse? Vi sbagliate. I massimi evasori si muovono nella economia legale. Chi evade di più?
Ecco la classifica degli evasori fiscali:
L’evasione è equamente distribuita in tutto il territorio della Repubblica? No, ecco la classifica della evasione fiscale delle aree geografiche:
Arrovelliamoci ma i nuovi dati, nel frattempo, sono sconfortanti: l’evasione fiscale in Italia è in crescita del 10,1% nel 2010 e siano al primo posto in Europa con il 54,5% del reddito imponibile evaso, per un totale di somme sottratte all'erario pari a 159 miliardi di euro l'anno (dati: Krls Network of Business Ethics - Contribuenti.it).
Le aree in cui l’indagine ha suddiviso l’evasione fiscale sono 5: evasione delle società di capitali, economia sommersa, economia criminale, evasione delle big company, evasione di lavoratori autonomi e piccole imprese.
Credete che siano le mafie e le altre organizzazioni criminali a sottrarre le maggiori risorse in termini di tasse eluse? Vi sbagliate. I massimi evasori si muovono nella economia legale. Chi evade di più?
Ecco la classifica degli evasori fiscali:
1. industriali (32,8%)
2. bancari e assicurativi (28,3%)
3. commercianti (11,7%)
4. artigiani (10,9%),
5. professionisti (8,9%)
6. lavoratori dipendenti (7,4%).
L’evasione è equamente distribuita in tutto il territorio della Repubblica? No, ecco la classifica della evasione fiscale delle aree geografiche:
11 dic 2010
Natale, festa immorale
Orgia dello spreco, abbuffata d’egoismi, fiera dell’inutile, celebrazione del consumismo. Ma soprattutto parata della menzogna e dell’ipocrisia.
Ecco cos’è il Natale.
Niente buonismi. Siamo sinceri. Di cristiano il Natale non ha più nulla, da un pezzo, e non si affanni nessuno ad accorrere in suo soccorso, predicandone i significati e mostrando per quante persone invece è ancora e davvero una festa religiosa.
L’abete addobbato è il simbolo, Babbo natale il messaggero, i grandi magazzini il luogo della sua celebrazione.
Natale è triste nella menzogna in cui è stato trasformato. Triste perché la maggioranza delle persone si accodano per vivere un momento di consumo con la maschera della fede, che poi durante l'anno per i più finisce in soffitta.
Triste per il tardivo e opportunistico risveglio delle coscienze, che induce all’obolo facile, all’adozione a distanza, alla buona azione sotto casa. Una volta all’anno.
Non mancano on line gli esempi di quanto questa festa come quelle correlate abbiano un senso puramente materiale.
Un esempio. Santa Lucia non conosce crisi – scrive il quotidiano Bresciaoggi -. Per la festa più amata dai bambini locali non si bada a spese, si fa di tutto per soddisfare le richieste.
Un'immagine meravigliosa, che evoca in ciascuno ricordi unici e speciali. È il commento della giornalista, che tra l’altro nel suo pezzo non si risparmia di nominare questa e quella marca di giocatoli, questo e quel negozio, quasi uno spot camuffato. E poi finalmente viene al nocciolo della questione:
Non è affatto una immagine meravigliosa.
Intanto in passato i regali erano unici, e non una carrettata (che in parte resterà a lungo in un armadio). Non sono affatto meravigliosi lo spreco e la rincorsa al consumo.
Ecco cos’è il Natale.
Niente buonismi. Siamo sinceri. Di cristiano il Natale non ha più nulla, da un pezzo, e non si affanni nessuno ad accorrere in suo soccorso, predicandone i significati e mostrando per quante persone invece è ancora e davvero una festa religiosa.
L’abete addobbato è il simbolo, Babbo natale il messaggero, i grandi magazzini il luogo della sua celebrazione.
Natale è triste nella menzogna in cui è stato trasformato. Triste perché la maggioranza delle persone si accodano per vivere un momento di consumo con la maschera della fede, che poi durante l'anno per i più finisce in soffitta.
Triste per il tardivo e opportunistico risveglio delle coscienze, che induce all’obolo facile, all’adozione a distanza, alla buona azione sotto casa. Una volta all’anno.
Non mancano on line gli esempi di quanto questa festa come quelle correlate abbiano un senso puramente materiale.
Un esempio. Santa Lucia non conosce crisi – scrive il quotidiano Bresciaoggi -. Per la festa più amata dai bambini locali non si bada a spese, si fa di tutto per soddisfare le richieste.
"Per la festa di Santa Lucia spendiamo uno sproposito, ma è anche l'unica vera occasione in cui facciamo i regali ai nostri figli - racconta una mamma 36enne -. Quest'anno abbiamo speso circa 200 euro a testa”.
Un’altra madre racconta: “Il budget che abbiamo messo a disposizione è di 80/100 euro a bambino, tanto poi i parenti li riempiranno di una miriade di altre cose”.
"Abbiamo riempito di doni il sottotetto di casa - racconta un’altra mamma, insegnante 37enne -. Di solito mi occupo io di scegliere i regali ma alla fine mio marito non resiste alla tentazione e aggiunge qualcosa per cui la mattina del 13 ci troviamo letteralmente invasi dai giochi".
Un'immagine meravigliosa, che evoca in ciascuno ricordi unici e speciali. È il commento della giornalista, che tra l’altro nel suo pezzo non si risparmia di nominare questa e quella marca di giocatoli, questo e quel negozio, quasi uno spot camuffato. E poi finalmente viene al nocciolo della questione:
Soddisfatti i commercianti, concordi nell'affermare che "la crisi c'è, ma non riguarda i bambini”.
Non è affatto una immagine meravigliosa.
Intanto in passato i regali erano unici, e non una carrettata (che in parte resterà a lungo in un armadio). Non sono affatto meravigliosi lo spreco e la rincorsa al consumo.
8 dic 2010
La musica dell'amore
(Foto di Ario Wibisono via boston.com) |
Un uomo suona il suo bambù per intrattenere un bambino disabile.
7 dic 2010
Di Berlusconi la Chiesa che dice?
Don Aldo Antonelli |
Cosa deve accadere perché i vertici ecclesiastici, che avocano alla Chiesa il diritto a tracciare la retta via di noi tutti, intervenendo su temi forti come la contraccezione, l’eutanasia etc, cosa deve accadere perche i più alti prelati prendano il coraggio a due mani e scarichino pubblicamente ed in maniera netta l’immorale figura del nostro Premier Silvio Berlusconi?
Come può un cattolico pensante non rigurgitare non solo dinnanzi ai comportamenti immorali del leader di un partito che si dichiara cattolico (dalle bestemmie, alle reiterate offese alle donne…) ma anche a questo assordante silenzio della Chiesa in un momento storico nel quale è palese che per ripartire è necessario ancorarsi ad un set di valori condivisi?
Questo silenzio è da tempo nel mirino di un prete, un parroco di periferia, che senza mezzi termini né timori, lancia le sue taglienti domande ai vertici della Chiesa o restituisce al mittente i tentativi miseri e viscidi dei politici opportunisti che cercano di imbalsamare a loro favore l’elettorato cattolico.
Parlo di don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, un paesino dell'Abruzzo, che già a luglio lanciò i suoi strali contro il Cardional Bertone, reo di avere partecipato ad una cena dalla quale, ogni buon cristiano, si dovrebbe tenere alla larga. Scrisse
Come può un cattolico pensante non rigurgitare non solo dinnanzi ai comportamenti immorali del leader di un partito che si dichiara cattolico (dalle bestemmie, alle reiterate offese alle donne…) ma anche a questo assordante silenzio della Chiesa in un momento storico nel quale è palese che per ripartire è necessario ancorarsi ad un set di valori condivisi?
Questo silenzio è da tempo nel mirino di un prete, un parroco di periferia, che senza mezzi termini né timori, lancia le sue taglienti domande ai vertici della Chiesa o restituisce al mittente i tentativi miseri e viscidi dei politici opportunisti che cercano di imbalsamare a loro favore l’elettorato cattolico.
Parlo di don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, un paesino dell'Abruzzo, che già a luglio lanciò i suoi strali contro il Cardional Bertone, reo di avere partecipato ad una cena dalla quale, ogni buon cristiano, si dovrebbe tenere alla larga. Scrisse
“Cosa ci stavi a fare tu, cardinale di Santa Romana Chiesa, in quella casa trasformata in zoo, là dove famelicano in tresche trame lupi rapaci come Geronzi, camaleonti bavosi come Casini, viscide bisce come Vespa, talpe prosseneti come Letta e, sopra tutti, la iena ridens, il corrotto corruttore per antonomasia: Silvio Berlusconi? “
Non le mandò a dire nemmeno al camaleontico e prono Bondi, restituendogli - era il 1 marzo 2006 - l'opuscolo di Forza Italia mandato anche alla sua parrocchia:
"Sono abituato a dare alle parole il loro peso per ... chiamarla onorevole dovrei coartare la mia coscienza. Ho ricevuto l’inverecondo opuscolo che lei, immagino, ha inviato a tutte le parrocchie d’Italia.
Glielo restituisco senza nemmeno sfogliarlo e le ricordo che le parrocchie non sono discariche di rifiuti né postriboli nei quali si possa fare opera di meretricio".
Recentemente poi don Aldo Antonelli ha scritto anche al cardinal Bagnasco, reggente della Conferenza Episcopale, anche qui senza nascondersi:
“Signor Cardinale,mi rivolgo a Lei come Presidente della Conferenza Episcopale Italiana per esprimerle il mio disagio e porle delle domande.In questi ultimi tempi si è andata ingrossando la valanga di volgarità e di oscenità che già da tempo investe il paese Italia e che sta cancellando, ogni giorno di più, ogni traccia di pudore, senso del limite, coscienza di dignità e che ha imposto un degrado dell’etica pubblica, insomma tutte quelle virtù che con fatica noi parroci cerchiamo di impiantare e tener vive nell’anima dei nostri fedeli.
4 dic 2010
Guerra, donne, vita
Agosto 1950, rifugiata sudcoreana in fuga da Pohang |
A me la guerra fa sempre effetto. Mi turba sebbene non l’abbia mai vissuta né sfiorata. Perché la guerra è - oltre che orrore e sofferenza - stravolgimento di ogni certezza, abitudine, legame. Tutto diventa forse.
Di tutte le immagini che ho sfogliato, ho scelto quella che più di ogni altra mi evoca la guerra. Quella che della guerra mi dà la sensazione più satura. Non è l’immagine di un fucile, di un ferito, di un filo spinato, ma l’immagine di una donna. Giovane. Una donna qualsiasi, una popolana. Una donna per tutte le donne.
Le donne nella guerra apparentemente sono l’estraneo in un mondo di forza mascolina e violenza. Sono l’altrove.
Invece per me sono il centro ferito del mondo in guerra. La guerra si consuma attorno, anormale, foriera di lutti. Attorno alla vita indifesa di una mamma, una moglie.
Madri che perdono figli, compagne che soffrono la separazione dai propri uomini, che subiscono gli oltraggi dei vincitori, che consolano soldati e tamponano ferite. Ma anche la vita che continua, magari sola, nelle retrovie o a migliaia di chilometri di distanza, nell’attesa del ritorno, nella solitudine, nell’abbraccio protettivo e consolante per i bambini senza padri per un mese, un anno o sempre.
E speranza anche, amore, rigenerazione, futuro. Vita insomma.
Marinetti disse che “la guerra sta all'uomo come la maternità alle donne”, ma se le donne si occupassero di politica la mediazione vincerebbe sul remoto bisogno dell’uomo di risolvere la contesa con la morte.
2 dic 2010
Politica estera e affari personali di un Presidente del Consiglio italiano
Berlusconi e Putin incappucciati se la ridono |
Fatti e illazioni dicono che le cose, tuttavia, non stanno così.
I giudizi di ambasciatori e funzionari americani su Berlusconi sono così miseri che l’unica domanda che dovremmo porci è: come fa una persona del genere ad alzarsi la mattina e ad uscire di casa senza provare vergogna?
Il signor Silvio Berlusconi, a prescindere dalla fazione politica che rappresenta (sempre peggio), è stato accusato di essere malato dalla ex moglie, per le sue attenzioni morbose verso l’altro sesso; le cronache lo raccontano come un indefesso organizzatore di festini a luci rosse e non prive di sostanze stupefacenti; altre cronache ce lo riportano intento a raccontare barzellette condite di bestemmie e che umiliano le donne; altre parlano di suoi affari poco trasparenti e di ogni sorta di violazione delle norme di legge, fino alla peggiore, ovvero la collusione con personaggi del mondo mafioso.
Le ultime rivelazioni di Wikileaks lo presentano – tornando al tema dei rapporti con i paesi esteri – come un sovrano di provincia intento a guadagnarsi in qualche modo il ruolo di importante player europeo in politica estera.
Con modalità che tuttavia stanno portando l'Italia a "sostenere gli sforzi russi di danneggiare la Nato". Sono i diplomatici Usa che lo scrivono nei loro rapporti su quella Russia che considerano "in mano alla mafia". Scelte, quelle di Berlusconi che ne minacciano la credibilità e che stanno "diventando irritanti per le nostre relazioni". Sono parole del l'ambasciatore americano a Roma Reginald Spogli.
"Purtroppo – fonte New York Times - Berlusconi tratta la politica russa come fa con gli affari domestici: tatticamente e giorno per giorno. Il suo preponderante desiderio è di rimanere nelle grazie di Putin ed ha frequentemente dato voce a opinioni e dichiarazioni che gli sono state passate direttamente da Putin". "Contatti avuti sia con il partito di opposizione di centrosinistra, Pd, sia con lo stesso partito di Berlusconi, Pdl, hanno alluso a una relazione ancora più nefanda. Loro credono che Berlusconi e i suoi intimi stiano approfittando personalmente e a mani basse dei molti accordi sull'energia tra la Russia e l'Italia. L'ambasciatore della Georgia a Roma ci ha detto che il governo georgiano ritiene che Putin ha promesso a Berlusconi una percentuale di profitto da ogni gasdotto sviluppato dall'Eni insieme a Gazprom".
Ovvero, un uomo che ha una ricchezza inversamente proporzionale alla sua statura, soprattutto morale, ancora brama di accumulare altre ricchezze, e lo fa sulla pelle degli italiani tutti.
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30 nov 2010
Unico, autentico: ciao Mario Monicelli
Mario Monicelli |
Un personaggio forgiatosi nella bellezza dei suoi lavori, maetro della commedia italiana, che ha saputo raccontare l'Italia e l'italiano medio meglio di tanti saggi sociologici.
Al questo personaggio che oggi ci ha lasciati, all'età di 95 anni, sono accostati i più bei nomi del cinema nostrano: Sordi, Mastroianni, Gassman per citarne solo alcuni.
Sue alcune delle pellicole a cui gli italiani sono più affezionati: La grande guerra, Amici miei, Guardie e ladri, L'armata Brancaleone, i Soliti ignoti.
Storie che osservano l'umanità paesana del nostra terra da dopo la guerra a tutti gli anni 70, con ironia, umanità.
Umanità ed ironia, sagacia, che oggi mancano tristemente al mondo della cultura italiana, messo nell'angolo anche dai continui tagli che miopi governi non si dimenticano mai di fare.
Mario Monicelli ha scelto di andarsene oggi, a 95 anni, lanciandosi nel vuoto.
Qui racconta con lucidità chi siamo, noi italiani. E' un racconto semplice e lucido, che non lascia scampo.
29 nov 2010
Pro-vita o pro-paganda?
Il cosiddetto movimento Pro-vita vuole avere uno spazio nella trasmissione “Vieni con me” su Rai3 condotta da Fazio e Saviano per replicare a quanto detto recentemente dalla signora Welby e dal signor Englaro sul diritto di scelta dei malati terminali.
Perché vogliono questo spazio?
Apparentemente per difendere il diritto di quei malati di avere le cure di cui necessitano.
Questa però è una affermazione imprecisa e a livello mediatico anche pericolosa, perché nasconde il vero motivo, che è diverso. Nessuno – mi pare – neghi che i malati terminali debbano avere ogni cura necessaria se lo desiderano, cura che – al limite – non riceveranno perché lo Stato taglia le spese sanitarie.
In realtà il movimento Pro-vita vuole quello spazio (e ne ha già non poco, vista la prona disponibilità del signor Bruno Vespa e di certi media servili) perché gli urge di affermare una cosa diversa: non che i malati terminali debbano avere il diritto a ricevere quelle cure, ma che gli stessi debbano accettarle a tutti i costi, privandoli della libertà di uscire dignitosamente da una sofferenza senza fine.
Ovvero: nessuna libertà di coscienza, ma scelta imposta per cultura da altri e per legge dal governo che in quel momento strorico rappresenta una volontà di maggioranza (o presunta tale). Un conto infatti è chiedere che sia rispettata la scelta sulla propria vita senza imporre analoga visone agli altri, altro è obbligare tutti i malati terminali a condividere la propria scelta.
Chi deve infatti decidere sulla mia vita, in un senso (staccare la spina) o nell’altro (imporre sofferenza ad libitum)? La maggioranza al governo in quel momento storico, qualunque essa sia?
Perché vogliono questo spazio?
Apparentemente per difendere il diritto di quei malati di avere le cure di cui necessitano.
Questa però è una affermazione imprecisa e a livello mediatico anche pericolosa, perché nasconde il vero motivo, che è diverso. Nessuno – mi pare – neghi che i malati terminali debbano avere ogni cura necessaria se lo desiderano, cura che – al limite – non riceveranno perché lo Stato taglia le spese sanitarie.
In realtà il movimento Pro-vita vuole quello spazio (e ne ha già non poco, vista la prona disponibilità del signor Bruno Vespa e di certi media servili) perché gli urge di affermare una cosa diversa: non che i malati terminali debbano avere il diritto a ricevere quelle cure, ma che gli stessi debbano accettarle a tutti i costi, privandoli della libertà di uscire dignitosamente da una sofferenza senza fine.
Ovvero: nessuna libertà di coscienza, ma scelta imposta per cultura da altri e per legge dal governo che in quel momento strorico rappresenta una volontà di maggioranza (o presunta tale). Un conto infatti è chiedere che sia rispettata la scelta sulla propria vita senza imporre analoga visone agli altri, altro è obbligare tutti i malati terminali a condividere la propria scelta.
Chi deve infatti decidere sulla mia vita, in un senso (staccare la spina) o nell’altro (imporre sofferenza ad libitum)? La maggioranza al governo in quel momento storico, qualunque essa sia?
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28 nov 2010
“Sono il sogno degli italiani. Sono il Presidente”
E venne il giorno in cui disse di sé quello che effettivamente quest’uomo sciaguratamente è.
Nadia Macrì si presenta come una escort e racconta le sue esperienze ad Arcore e in Sardegna dove - pagata a botte di 5mila € – “accompagna” avvocati, imprenditori, giullari e bella gente varia, e dove incontra Sua Maestà Silvio Berlusconi, assieme a “tante ragazze giovani, penso minorenni".
Nadia è una bella (e basta) ragazza italiana, che a farsi pagare per “accompagnare” uomini ci sta. Lei come molte altre. Bella gioventù venduta. Bagasce le chiamavano una volta, ora non s’usa più.
Detto questo, Nadia racconta come è arrivata alla corte dell'anziano signore che le donne se le compra e le usa a colpi di Viagra.
Prima al vaglio di Lele Mora, il grasso e paciarotto cerimoniere e procacciatore, poi al vaglio di Emilio Fede, il domestico. Nadia si fa selezionare ed attende.
Finché arriva l’attesa telefonata. E’ lui, Sua Maestà Silvio Berlusconi, che dice: “Sono il sogno degli italiani. Sono il Presidente”.
Ecco, in questa frase c’è tutto il personaggio ma, quel che è peggio, c’è tutto il nostro Paese, o almeno una parte non irrilevante di esso, quello che il Silvio Berlusconi a fare il Presidente ce l’ha messo. Con entusiasmo, con sognante speranza.
Un'Italia di faccendieri e piccoli opportunisti, ma anche e soprattutto di menti obnubilate che hanno votato un sogno. Ottusi e incoscienti, noncuranti della realtà lo hanno messo e se lo tengono là.
Mafia e mignotte, corruzione di giudici e falso in bilancio che siano, non importa, Silvio Berlusconi è la che dice loro “per quanto schifo tu faccia nel tuo egoismo ed opportunismo, sorridi ed esci a testa alta, se lo faccio io puoi farlo anche tu… almeno fino a che ci son io”.
Il sogno è questo: potere fregarsene perversamente dei valori e mangiare a sbafo nel piatto della società tutta, rubare a piene mani nella saccoccia del nostro futuro, compreso quello dei propri figli. Basta insegnare loro, al limite, a vendersi.
Nadia Macrì si presenta come una escort e racconta le sue esperienze ad Arcore e in Sardegna dove - pagata a botte di 5mila € – “accompagna” avvocati, imprenditori, giullari e bella gente varia, e dove incontra Sua Maestà Silvio Berlusconi, assieme a “tante ragazze giovani, penso minorenni".
Nadia è una bella (e basta) ragazza italiana, che a farsi pagare per “accompagnare” uomini ci sta. Lei come molte altre. Bella gioventù venduta. Bagasce le chiamavano una volta, ora non s’usa più.
Detto questo, Nadia racconta come è arrivata alla corte dell'anziano signore che le donne se le compra e le usa a colpi di Viagra.
Prima al vaglio di Lele Mora, il grasso e paciarotto cerimoniere e procacciatore, poi al vaglio di Emilio Fede, il domestico. Nadia si fa selezionare ed attende.
Finché arriva l’attesa telefonata. E’ lui, Sua Maestà Silvio Berlusconi, che dice: “Sono il sogno degli italiani. Sono il Presidente”.
Ecco, in questa frase c’è tutto il personaggio ma, quel che è peggio, c’è tutto il nostro Paese, o almeno una parte non irrilevante di esso, quello che il Silvio Berlusconi a fare il Presidente ce l’ha messo. Con entusiasmo, con sognante speranza.
Un'Italia di faccendieri e piccoli opportunisti, ma anche e soprattutto di menti obnubilate che hanno votato un sogno. Ottusi e incoscienti, noncuranti della realtà lo hanno messo e se lo tengono là.
Mafia e mignotte, corruzione di giudici e falso in bilancio che siano, non importa, Silvio Berlusconi è la che dice loro “per quanto schifo tu faccia nel tuo egoismo ed opportunismo, sorridi ed esci a testa alta, se lo faccio io puoi farlo anche tu… almeno fino a che ci son io”.
Il sogno è questo: potere fregarsene perversamente dei valori e mangiare a sbafo nel piatto della società tutta, rubare a piene mani nella saccoccia del nostro futuro, compreso quello dei propri figli. Basta insegnare loro, al limite, a vendersi.
Studenti pensate al vostro futuro: andate a donne!
“Io alla loro età pensavo a fare la corte alle ragazze!”
Si rivolge ai ragazzi dellescuole italiane scesi in piazza inquesti giorni per dire la loro sulla cosiddetta Riforma Gelmini.
Lo fa con un sorriso a 180 denti, di cui parecchi finti suppongo, sovrastati dal cerume che liscia ancora di più il ghigno già stirato dal lifting. Dice queste parole alzandosi, mentre chiude la conferenza stampa, le butta lì come una battuta di poco conto su una qustione da bar sport.
Oscenamente.
Ragazzi non occupatevi di politica, non interessatevi del vostro futuro. Andate dietro alle ragazze, è l'unica cosa che conti (nelle sue ossessioni), in questa battuta anche un po' sessista in cui l'invito è rivolto ad una parte sola, la sua, quella del cacciatore di femmine frivolo e impenitente, che sposa il stereotipo maschile abusato ed un po' retrogrado, ridicolo: chissà che ne pensano le donne, tutte, anche quelle che si sono offerte per lauti compensi ai festini del nostro.
Un'altra pugnalata al nostro paese, alla dignità ed ai valori da trasmettere sì con l'esempio (che egli non dà) ma anche con le parole.
Prima o poi l'Italia sarà chiamata ancora alle urne: chi sarà ancora complice dell'impunità sprezzante con cui questo "capo di governo" si permette di offendere tutti?
Si rivolge ai ragazzi dellescuole italiane scesi in piazza inquesti giorni per dire la loro sulla cosiddetta Riforma Gelmini.
Lo fa con un sorriso a 180 denti, di cui parecchi finti suppongo, sovrastati dal cerume che liscia ancora di più il ghigno già stirato dal lifting. Dice queste parole alzandosi, mentre chiude la conferenza stampa, le butta lì come una battuta di poco conto su una qustione da bar sport.
Oscenamente.
Ragazzi non occupatevi di politica, non interessatevi del vostro futuro. Andate dietro alle ragazze, è l'unica cosa che conti (nelle sue ossessioni), in questa battuta anche un po' sessista in cui l'invito è rivolto ad una parte sola, la sua, quella del cacciatore di femmine frivolo e impenitente, che sposa il stereotipo maschile abusato ed un po' retrogrado, ridicolo: chissà che ne pensano le donne, tutte, anche quelle che si sono offerte per lauti compensi ai festini del nostro.
Un'altra pugnalata al nostro paese, alla dignità ed ai valori da trasmettere sì con l'esempio (che egli non dà) ma anche con le parole.
Prima o poi l'Italia sarà chiamata ancora alle urne: chi sarà ancora complice dell'impunità sprezzante con cui questo "capo di governo" si permette di offendere tutti?
11 nov 2010
L'etica del politico medio.
Il politico medio.
Che razza è?
Si muove nelle tenebre della morale, secondo le regole della ragione propria o della propria corporazione. Dice e non dice. Mente col sorriso.
Fa gestacci in tv, articolati sproloqui di ore in parlamento.
Promuove politiche di welfare a favore di chi ha nulla o poco e poi va al cesso in elicottero.
Promuove campagne per la famiglia e divorzia senza batter ciglio.
Sottoscrive iniziative contro la droga e fa festini hard imbiancati di "neve".
Predica moralità perchè non ha un'etica.
Anzi, i politici medi hanno una loro etica. Tutta loro, in effetti.
Come dice Woody Allen, un'etica che " è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale".
Che razza è?
Si muove nelle tenebre della morale, secondo le regole della ragione propria o della propria corporazione. Dice e non dice. Mente col sorriso.
Fa gestacci in tv, articolati sproloqui di ore in parlamento.
Promuove politiche di welfare a favore di chi ha nulla o poco e poi va al cesso in elicottero.
Promuove campagne per la famiglia e divorzia senza batter ciglio.
Sottoscrive iniziative contro la droga e fa festini hard imbiancati di "neve".
Predica moralità perchè non ha un'etica.
Anzi, i politici medi hanno una loro etica. Tutta loro, in effetti.
Come dice Woody Allen, un'etica che " è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale".
9 nov 2010
Il Grande Uomo
Cambiamento come crescita, dicevamo nel post “Fai la cosa giusta”.
Osservato da un’altra prospettiva, il più profondo cambiamento che sperimenta un bambino nel tempo è la perdita della sua purezza.
La purezza. Cos’è la purezza? E’ l’innocenza del pensiero e del gesto. Il fare naturale e spontaneo, non mediato, il fare in sé.
L'innocenza sta nelle prime domande che da bambini poniamo, nel cuore e nella mente aperti, nella osservazione meravigliata degli occhi spalancati, nello sguardo assorto e fantasticante.
Nello spirito del principiante.
L’innocenza e la spontaneità dei bambini emergono spesso con tutta forza nei loro disegni, il tratto non addomesticato ed edotto, ma diretto, gli oggetti buttati giù senza prospettiva, senza coerenza necessaria, i colori che si picchiano... come farebbe un pazzo insomma. Non una prova di abilità né una ricerca di stile ma pura espressività.
I bambini sono spontanei perché sono totalmente immersi in quel che fanno, nei loro gesti, nei quali il loro stato d’animo si esprime completamente. Senza finalizzazioni che non siano il puro piacere di esprimersi.
Gli adulti no. Gli adulti esibiscono e usano abilità complesse, mediano esigenze, ottimizzano risorse, sono efficaci, finalizzano i loro gesti a risultati strutturati. Vogliono arrivare da qualche parte e ottenere un effetto.
Non sono principianti ma… “professionisti della vita”.
Un nuovo debutto. Mi piacerebbe tornare dilettante e principiante per riassaporare il piacere del fare in sé, debuttare di nuovo sul palcoscenico della vita godendo dei miei pensieri, delle emozioni e dei gesti senza pensare al risultato.
Non è un desiderio di fuga dalla realtà, ma una passione, passione per la vita in sé, non per la prosa che la descrive ma per la poesia che la accenna senza misurarla.
Tornare ad avere lo spirito del principiante, pieno di poesia, di sentimento per sé. Tornare ad essere illuminato dalla luce della inesperienza che ci mostra il mondo per quel che è e non per quel che vogliamo che sia.
Il Grande Uomo è colui che non perde il suo cuore di bambino...
Osservato da un’altra prospettiva, il più profondo cambiamento che sperimenta un bambino nel tempo è la perdita della sua purezza.
La purezza. Cos’è la purezza? E’ l’innocenza del pensiero e del gesto. Il fare naturale e spontaneo, non mediato, il fare in sé.
L'innocenza sta nelle prime domande che da bambini poniamo, nel cuore e nella mente aperti, nella osservazione meravigliata degli occhi spalancati, nello sguardo assorto e fantasticante.
Nello spirito del principiante.
L’innocenza e la spontaneità dei bambini emergono spesso con tutta forza nei loro disegni, il tratto non addomesticato ed edotto, ma diretto, gli oggetti buttati giù senza prospettiva, senza coerenza necessaria, i colori che si picchiano... come farebbe un pazzo insomma. Non una prova di abilità né una ricerca di stile ma pura espressività.
I bambini sono spontanei perché sono totalmente immersi in quel che fanno, nei loro gesti, nei quali il loro stato d’animo si esprime completamente. Senza finalizzazioni che non siano il puro piacere di esprimersi.
Gli adulti no. Gli adulti esibiscono e usano abilità complesse, mediano esigenze, ottimizzano risorse, sono efficaci, finalizzano i loro gesti a risultati strutturati. Vogliono arrivare da qualche parte e ottenere un effetto.
Non sono principianti ma… “professionisti della vita”.
Un nuovo debutto. Mi piacerebbe tornare dilettante e principiante per riassaporare il piacere del fare in sé, debuttare di nuovo sul palcoscenico della vita godendo dei miei pensieri, delle emozioni e dei gesti senza pensare al risultato.
Non è un desiderio di fuga dalla realtà, ma una passione, passione per la vita in sé, non per la prosa che la descrive ma per la poesia che la accenna senza misurarla.
Tornare ad avere lo spirito del principiante, pieno di poesia, di sentimento per sé. Tornare ad essere illuminato dalla luce della inesperienza che ci mostra il mondo per quel che è e non per quel che vogliamo che sia.
Il Grande Uomo è colui che non perde il suo cuore di bambino...
20 ott 2010
Miloud, il clown che salva i bambini di strada
Un barbone saggio che sogna di fare il clown... anche lui ha fatto la raccolta dei ragazzini. In 12 anni ha salvato bambini dalla morte, non di fame, ma dalla morte per indifferenza.
Non c'è bisogno di miseria materiale, basta quella dello spirito, che può avvolgerci anche qui, nelle nostre opulente città, dove di indifferenza per il futuro dei bambini ne vedo a iosa.
Non c'è bisogno di miseria materiale, basta quella dello spirito, che può avvolgerci anche qui, nelle nostre opulente città, dove di indifferenza per il futuro dei bambini ne vedo a iosa.
20 set 2010
La raccolta dei ragazzini a Napoli
Uno spaccato di società nella finzione di un film, che ci sembra assurdo e che invece tanto assurdo non è. La scuola dell'obbligo è ai minini termini e la riforma Gelmini vorrebbe rimetterla in piedi. Per alcuini ragazzini la scuola proprio non esiste.
Nella civilissima Italia.
10 ago 2010
Fai la cosa giusta.
Esercizio. Mettetevi alla finestra di casa vostra, di quella, se possibile, in cui siete cresciuti, e guardate fuori, quindi annotatevi tutte le cose che sono cambiate nel tempo da quando avete memoria. Quella strada che non c’era, quelle piante che non ci sono più, etc etc… Continuate l’esercizio annotando le cose che in casa non esistevano proprio, a partire dalla tecnologia che oggi pervade le nostre esistenze. Pensate poi agli studi, al lavoro… andate avanti con quel che vi viene in mente.
Cambiamento. Se guardiamo all’esterno il cambiamento è palese, evidente. Ma il cambiamento è anzitutto un elemento intrinsecamente legato al concetto stesso di vita, e concretamente alla vita di ciascuno di noi.
Pensiamoci. Dalla nascita ad oggi, il cambiamento è stato all’ordine del giorno, il vero trait d’union dei fatti e delle fasi della nostra esistenza.
Da bambini impariamo a mangiare da soli, a parlare, a camminare, a scrivere. Ne compendiamo la convenienza e ci applichiamo per imparare, quindi sviluppiamo un metodo adeguato alle nostre necessità ovvero il metodo corretto di fare le cose.
Da piccoli “il modo corretto” si acquisisce per fasi e di norma il bambino oppone una certa resistenza ad acquisire un modo diverso se non è “convinto” che abbia un significato per lui: "Se la pipì l’ho sempre fatta nel pannolino perché dovrei cambiare?" Gli adulti gli chiederanno di mutare questo modus operandi e ci vorrà tempo perché cambiare le abitudini funzionali non è uno scherzo. Il bambino è certo che ciò che sta facendo sia la cosa giusta (funziona, la so fare) e opporrà resistenza a chi desidera cambiarne l’abitudine.
In generale questo ostacolo al cambiamento è in ciascuno di noi, alcuni sono più legati a mantenere le soluzioni trovate nel tempo, altri invece cercano sempre qualcosa di meglio, ovvero "così funziona ma voglio vedere se posso faro meglio di così”.
Perché il cambiamento è così critico? C’è una banale ragione pratica: abbiamo speso tanto tempo ed energie ad imparare quel che sappiamo e a conquistare certezze, abbiamo reso più automatiche le scelte, ci siamo costruiti un set di abitudini efficaci, di metodi che funzionano.
Di fronte ai cambiamenti che provengono dall’esterno, quindi, si impone una riflessione intima, una scelta: quanto voglio sperimentare i cambiamenti, quanto le mie abitudini efficaci sono valide per le mie necessità? Ovvero, quanto sono aperto e voglio accettare il cambiamento?
Una scelta personale, che ci impone di trovare un buon equilibrio tra i modi consolidati e quelli nuovi. Soprattutto non è utile radicare eccessivamente le abitudini perché correremmo il rischio di non imparare nulla più, perdendo opportunità di miglioramento. In fondo il mondo ci avanza delle proposte di cambiamento, ci propone novità, in alcuni casi ce le impone, dobbiamo saperle selezionare, soprattutto comprendere quelle che un domani potrebbero metterci in difficoltà: pensiamo a come è cambiato il mercato del lavoro ad esempio, o come è diversa l’adolescenza oggi rispetto a quella che abbiamo vissuto noi.
Penso che siano da evitare in generale le scelte estreme e che sia utile semmai affinare la nostra capacità di essere efficaci. Cosa significa? Trovare il metodo di fare le cose automatizzando quelle meno critiche, alle quali va prestata meno attenzione ed essere predisposti a capire, allenarsi a prendere i vantaggi che il cambiamento può portare.
Allenarsi al cambiamento. Ci si può allenare cambiando le nostre più banali abitudini. Serve un atteggiamento di fondo, basato su disponibilità e curiosità: imparare qualcosa di nuovo, un modo nuovo di fare le stesse cose, ci potenzierà e ci renderà meno passivi, aumenterà le nostre risorse e le nostre chances. Sapere fare la stessa cosa in modi diversi ci allenerà a lasciare il rigido attaccamento alle consolidate abitudini ("so fare questo nel mio modo") e ci allontanerà dal timore ("speriamo non cambi nulla"). Passeremo ad un atteggiamento diverso: “ho le risorse per trovare soluzioni alle sfide che il cambiamento esterno mi sottopone”.
Ci chiediamo spesso quale sia la cosa giusta da fare. Crescere. Questo è l'approccio più efficace e rassicurante.
Cambiamento. Se guardiamo all’esterno il cambiamento è palese, evidente. Ma il cambiamento è anzitutto un elemento intrinsecamente legato al concetto stesso di vita, e concretamente alla vita di ciascuno di noi.
Pensiamoci. Dalla nascita ad oggi, il cambiamento è stato all’ordine del giorno, il vero trait d’union dei fatti e delle fasi della nostra esistenza.
Da bambini impariamo a mangiare da soli, a parlare, a camminare, a scrivere. Ne compendiamo la convenienza e ci applichiamo per imparare, quindi sviluppiamo un metodo adeguato alle nostre necessità ovvero il metodo corretto di fare le cose.
Da piccoli “il modo corretto” si acquisisce per fasi e di norma il bambino oppone una certa resistenza ad acquisire un modo diverso se non è “convinto” che abbia un significato per lui: "Se la pipì l’ho sempre fatta nel pannolino perché dovrei cambiare?" Gli adulti gli chiederanno di mutare questo modus operandi e ci vorrà tempo perché cambiare le abitudini funzionali non è uno scherzo. Il bambino è certo che ciò che sta facendo sia la cosa giusta (funziona, la so fare) e opporrà resistenza a chi desidera cambiarne l’abitudine.
In generale questo ostacolo al cambiamento è in ciascuno di noi, alcuni sono più legati a mantenere le soluzioni trovate nel tempo, altri invece cercano sempre qualcosa di meglio, ovvero "così funziona ma voglio vedere se posso faro meglio di così”.
Perché il cambiamento è così critico? C’è una banale ragione pratica: abbiamo speso tanto tempo ed energie ad imparare quel che sappiamo e a conquistare certezze, abbiamo reso più automatiche le scelte, ci siamo costruiti un set di abitudini efficaci, di metodi che funzionano.
Di fronte ai cambiamenti che provengono dall’esterno, quindi, si impone una riflessione intima, una scelta: quanto voglio sperimentare i cambiamenti, quanto le mie abitudini efficaci sono valide per le mie necessità? Ovvero, quanto sono aperto e voglio accettare il cambiamento?
Una scelta personale, che ci impone di trovare un buon equilibrio tra i modi consolidati e quelli nuovi. Soprattutto non è utile radicare eccessivamente le abitudini perché correremmo il rischio di non imparare nulla più, perdendo opportunità di miglioramento. In fondo il mondo ci avanza delle proposte di cambiamento, ci propone novità, in alcuni casi ce le impone, dobbiamo saperle selezionare, soprattutto comprendere quelle che un domani potrebbero metterci in difficoltà: pensiamo a come è cambiato il mercato del lavoro ad esempio, o come è diversa l’adolescenza oggi rispetto a quella che abbiamo vissuto noi.
Penso che siano da evitare in generale le scelte estreme e che sia utile semmai affinare la nostra capacità di essere efficaci. Cosa significa? Trovare il metodo di fare le cose automatizzando quelle meno critiche, alle quali va prestata meno attenzione ed essere predisposti a capire, allenarsi a prendere i vantaggi che il cambiamento può portare.
Allenarsi al cambiamento. Ci si può allenare cambiando le nostre più banali abitudini. Serve un atteggiamento di fondo, basato su disponibilità e curiosità: imparare qualcosa di nuovo, un modo nuovo di fare le stesse cose, ci potenzierà e ci renderà meno passivi, aumenterà le nostre risorse e le nostre chances. Sapere fare la stessa cosa in modi diversi ci allenerà a lasciare il rigido attaccamento alle consolidate abitudini ("so fare questo nel mio modo") e ci allontanerà dal timore ("speriamo non cambi nulla"). Passeremo ad un atteggiamento diverso: “ho le risorse per trovare soluzioni alle sfide che il cambiamento esterno mi sottopone”.
Ci chiediamo spesso quale sia la cosa giusta da fare. Crescere. Questo è l'approccio più efficace e rassicurante.
6 ago 2010
Pakistan implacabile alluvione
(foto di Adrees Latif via boston.com) |
27 lug 2010
Scoppia una guerra? Bene, benissimo...
Com’è difficile distrarre i bambini dalle calamite della tv! In casa mia il “tubo catodico” è bandito dalla cucina e da ogni stanza che non sia la sala, e anche in sala ha vita dura, durissima. Certo attrae l’attenzione dei bambini, incantandoli. Puah!
In queste sere abbiamo cenato in sala e in un paio di occasioni la tv era accesa… mio Dio, correre ai ripari, ma senza spegnerla, semmai mettendo in campo qualcosa di più attraente, una storia, una storia vera. Così, chissà perché, partendo da Garibaldi (“quale è l’eroe che ha una statua in ogni città italiana?”) siamo risaliti di guerra in guerra fino alla caduta del muro di Berlino.
Attenzione e fascinazione! Insomma: racconti 1 - tv 0.
Ma non è questo l’argomento. Alla fine naturalmente si sprecavano le domande, sui perché di questa e quella guerra etc etc.
Ho provato a fare loro una domanda: c’è qualcuno che è contento se scoppia una guerra?
A loro ho dovuto dirlo ma voi lo sapete bene.
Il Rapporto Annuale di un paio di anni fa di Amnesty International sullo stato dei diritti umani parlava anche di armi e di bambini, rilevando che c’è una inquietante disomogeneità delle disposizioni che disciplinano le esportazioni di armi da guerra e delle piccole armi ad uso civile.
Le armi leggere e di piccolo calibro come fucili, pistole, munizioni ed esplosivi sono le più diffuse nelle guerre in cui i bambini sono utilizzati come soldati.
Il commercio di queste armi non rientra nell'ambito della disciplina della Legge 185/1990, che contiene severe norme procedurali per l'esportazione, l'importazione ed il transito di armi ad uso bellico verso paesi terzi, ma in altra legge (110/1975) che diversamente non pone limiti alle esportazioni in base stato dei diritti umani del paese importatore e del coinvolgimento del quel paese in conflitto. L'Italia può vendere armi leggere a privati o governi di paesi in cui persone con meno di 18 anni partecipano alle guerre come parte di eserciti o di gruppi armati. Quali paesi reclutano bimbi per le guerre? Burundi, Filippine, Repubblica Democratica del Congo Ciad, Colombia, Nepal, Uganda e Afghanistan.
Tra 2002 e il 2007, l'Italia ha autorizzato l'esportazione di armi leggere e di piccolo calibro verso privati o governi di Filippine per € 7.169.863, Afghanistan per € 3.189.346, Colombia per € 1.027.196, Repubblica Democratica del Congo per € 179.582, Nepal per € 18.321, Uganda per € 10.088, Burundi per € 9.017, e Ciad per € 1.756.
E i commerci clandestini quanti saranno?
In queste sere abbiamo cenato in sala e in un paio di occasioni la tv era accesa… mio Dio, correre ai ripari, ma senza spegnerla, semmai mettendo in campo qualcosa di più attraente, una storia, una storia vera. Così, chissà perché, partendo da Garibaldi (“quale è l’eroe che ha una statua in ogni città italiana?”) siamo risaliti di guerra in guerra fino alla caduta del muro di Berlino.
Attenzione e fascinazione! Insomma: racconti 1 - tv 0.
Ma non è questo l’argomento. Alla fine naturalmente si sprecavano le domande, sui perché di questa e quella guerra etc etc.
Ho provato a fare loro una domanda: c’è qualcuno che è contento se scoppia una guerra?
A loro ho dovuto dirlo ma voi lo sapete bene.
Il Rapporto Annuale di un paio di anni fa di Amnesty International sullo stato dei diritti umani parlava anche di armi e di bambini, rilevando che c’è una inquietante disomogeneità delle disposizioni che disciplinano le esportazioni di armi da guerra e delle piccole armi ad uso civile.
Le armi leggere e di piccolo calibro come fucili, pistole, munizioni ed esplosivi sono le più diffuse nelle guerre in cui i bambini sono utilizzati come soldati.
Il commercio di queste armi non rientra nell'ambito della disciplina della Legge 185/1990, che contiene severe norme procedurali per l'esportazione, l'importazione ed il transito di armi ad uso bellico verso paesi terzi, ma in altra legge (110/1975) che diversamente non pone limiti alle esportazioni in base stato dei diritti umani del paese importatore e del coinvolgimento del quel paese in conflitto. L'Italia può vendere armi leggere a privati o governi di paesi in cui persone con meno di 18 anni partecipano alle guerre come parte di eserciti o di gruppi armati. Quali paesi reclutano bimbi per le guerre? Burundi, Filippine, Repubblica Democratica del Congo Ciad, Colombia, Nepal, Uganda e Afghanistan.
Tra 2002 e il 2007, l'Italia ha autorizzato l'esportazione di armi leggere e di piccolo calibro verso privati o governi di Filippine per € 7.169.863, Afghanistan per € 3.189.346, Colombia per € 1.027.196, Repubblica Democratica del Congo per € 179.582, Nepal per € 18.321, Uganda per € 10.088, Burundi per € 9.017, e Ciad per € 1.756.
E i commerci clandestini quanti saranno?
1 lug 2010
Sud Africa, la povertà degli Afrikaner
La povertà non guarda in faccia a nessuno, e il colore della pelle non garantisce di evitarla. La povertà è una condizione umana.
Quando si parla di povertà in Africa vengono in mente le bidonville di Nairobi o i ghetti del Sud Africa come Soweto. In Sud Africa la maggioranza indigena dei colored costituisce la grande maggioranza dei poveri del Paese, e siamo abituati a pensare che la comunità bianca non sia afflitta da questa piaga. Le immagini di questi villaggi ci mostrano che non è così. Negli ultimi 15 anni i bianchi che vivono in condizione di povertà sono cresciuti ed ammontano a circa 450.000, un decimo della popolazione bianca. Poveri come quelli che vivono in accampamenti di camper come Coronation Park.
Quando si parla di povertà in Africa vengono in mente le bidonville di Nairobi o i ghetti del Sud Africa come Soweto. In Sud Africa la maggioranza indigena dei colored costituisce la grande maggioranza dei poveri del Paese, e siamo abituati a pensare che la comunità bianca non sia afflitta da questa piaga. Le immagini di questi villaggi ci mostrano che non è così. Negli ultimi 15 anni i bianchi che vivono in condizione di povertà sono cresciuti ed ammontano a circa 450.000, un decimo della popolazione bianca. Poveri come quelli che vivono in accampamenti di camper come Coronation Park.
(foto: Finbarr O'Reilly via boston.com) |
28 mag 2010
Ti voglio, donna Moplen!
Forse non tutti sanno che nel 1963 il Premio Nobel per la Chimica fu vinto da un italiano, il signor Natta, che poco tempo prima inventò una materia plastica rivoluzionaria, il Moplen.
Tramite una reazione di polimerizzazione, a partire dal propilene o dall'etilene, il Natta ottenne questa materia che per la sua resistenza meccanica e l’economicità “rivoluzionò l’industria dei materiali plastici”, dice Wikipedia, e la mia esistenza - aggiungo io.
Chi è stato bambino a cavallo tra gli Anni 60 e 70 se lo ricorderà, ‘sto Moplen, perché pubblicizzato da Gino Bramieri in Tv, a Carosello: “E mo, e mo, e mo? Moplen! Ma signora badi ben che sia fatto di Moplen”.
E cos’è il Moplen? Ce l’avete un secchio di plastica in casa? Beh, quello è Moplen. Banale oggi, sensazionale all’epoca.
Da tempo è entrato nel repertorio delle cose consuete, banali. Però basta che venga utilizzato con nuove finalità ed eccolo riaffiorare.
Forse non tutti sanno che, infatti, col Moplen e con tanta pazienza, un nuovo miracolo scientifico s’è compiuto ed ha un nome: Ângela Filgueiras dos Santos, in arte Angela Bismarchi.
La donna che avendo un nome da trujun s’è data un nome d’arte da casalinga di Brugherio per imporsi ancora più nelle cronache di mezzo mondo.
E’ lei la donna più rifatta che c’è, 38enne con 42 interventi in 15 anni, tra plastiche, liposuzioni, ricostruzioni, tagliandi. La donna che non volendo sembrare donna ha sfidato la scienza per assomigliare ad un trans di gomma, ad una bambola gonfiabile da sexy shop. Splendida, liscia che la si può (e deve, come da libretto d’istruzioni) lucidare col Fabello (lucida nuovo, lucida bello). Smussata come la New Beetle, attrezzata come un paracarro, meravigliosa e sontuosa rinascita del Moplen. Sì, il Moplen, materia sintetica sinuosa, eccitante, desiderabile, liscia, curvilinea… ebbene sì, amata e agognata nei miei più torbidi e mai confessati sogni feticistici.
Ah, Ângela dos Santos, in arte Bismarchi da Brugherio, non sai quanto t’amo per il sol fatto che hai restituito alla mia mente quelle memorie vespertine, del Carosello, col Ginone nazionale nei panni del vate casalingo del Moplen! Hai ridestato le sopite sensazioni, i sussulti che provavo al tatto nell’accarezzare secchi e vaschette colorate.
Ti adoro, così come sei: non ti deformi mai, sei leggera, sempre lucida e brillante. Ora dai compimento al mio malcelato feticismo sessuale: Ângela dos Santos, in arte Angela Bismarchi Moplen... accoppiamoci!
Tramite una reazione di polimerizzazione, a partire dal propilene o dall'etilene, il Natta ottenne questa materia che per la sua resistenza meccanica e l’economicità “rivoluzionò l’industria dei materiali plastici”, dice Wikipedia, e la mia esistenza - aggiungo io.
Chi è stato bambino a cavallo tra gli Anni 60 e 70 se lo ricorderà, ‘sto Moplen, perché pubblicizzato da Gino Bramieri in Tv, a Carosello: “E mo, e mo, e mo? Moplen! Ma signora badi ben che sia fatto di Moplen”.
E cos’è il Moplen? Ce l’avete un secchio di plastica in casa? Beh, quello è Moplen. Banale oggi, sensazionale all’epoca.
Da tempo è entrato nel repertorio delle cose consuete, banali. Però basta che venga utilizzato con nuove finalità ed eccolo riaffiorare.
Forse non tutti sanno che, infatti, col Moplen e con tanta pazienza, un nuovo miracolo scientifico s’è compiuto ed ha un nome: Ângela Filgueiras dos Santos, in arte Angela Bismarchi.
La donna che avendo un nome da trujun s’è data un nome d’arte da casalinga di Brugherio per imporsi ancora più nelle cronache di mezzo mondo.
E’ lei la donna più rifatta che c’è, 38enne con 42 interventi in 15 anni, tra plastiche, liposuzioni, ricostruzioni, tagliandi. La donna che non volendo sembrare donna ha sfidato la scienza per assomigliare ad un trans di gomma, ad una bambola gonfiabile da sexy shop. Splendida, liscia che la si può (e deve, come da libretto d’istruzioni) lucidare col Fabello (lucida nuovo, lucida bello). Smussata come la New Beetle, attrezzata come un paracarro, meravigliosa e sontuosa rinascita del Moplen. Sì, il Moplen, materia sintetica sinuosa, eccitante, desiderabile, liscia, curvilinea… ebbene sì, amata e agognata nei miei più torbidi e mai confessati sogni feticistici.
Ah, Ângela dos Santos, in arte Bismarchi da Brugherio, non sai quanto t’amo per il sol fatto che hai restituito alla mia mente quelle memorie vespertine, del Carosello, col Ginone nazionale nei panni del vate casalingo del Moplen! Hai ridestato le sopite sensazioni, i sussulti che provavo al tatto nell’accarezzare secchi e vaschette colorate.
Ti adoro, così come sei: non ti deformi mai, sei leggera, sempre lucida e brillante. Ora dai compimento al mio malcelato feticismo sessuale: Ângela dos Santos, in arte Angela Bismarchi Moplen... accoppiamoci!
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23 mag 2010
La tv, ignorala!
Riesco ad ignorare la tv con una nonchalance che fa invidia a qualcuno ma che ai più non è comprensibile.
Come puoi non guardarla? Non hai la parabola? Ma come... Italia1 non si vede?
La nonchalance è l'arte di fare una cosa strana come se fosse normalissima. La sostanza è farla perché ci credi.
Io credo che la tv sia uno degli elettrodomestici più dannosi e sono convinto che se ne possa tranquillamene fare a meno. Non dico di buttarla fuori di casa, potreste colpire qualcuno e procurarvi seri guai... ma se resta accesa più di un’ora al giorno mi viene da pensare.
La tv non... La tv non consente interazione, la tv non è socializzante.
Ma quel che è peggio, è il più invadente dei mezzi di comunicazione e ci vomita nell’intimità del nostro focolare domestico camionate di melmosa banalità.
In più, può portarci a sbiadire la percezione della realtà concreta, a fare del “visto in tv”, della finzione e della esagerazione, la realtà a cui ci affidiamo.
La tv come media ha una regola elementare che tende a rispettare rigorosamente: come mass media rivolge i propri messaggi ad un pubblico il più ampio possibile, e questo avviene mediando tutto, semplificando tutto, essendo convenzionale. Quanto più la soglia di comprensione critica è abbassata, tanto più i messaggi passeranno facilmente, il pubblico sarà più ampio. Se la tv riesce a sdoganare la pochezza, la volgarità, la menzogna… il gioco è fatto: se lo fanno o lo dicono in tv allora in qualche modo va bene.
La tivù può svuotare la personalità di chi vi si affida e generare un inconsapevole “rilassamento intellettivo”, chiamiamolo così.
La tv "per i bambini"? Per i bambini – che stanno strutturando la propria personalità e sono fortemente influenzabili - la tv è un vero orco, potenzialmente almeno. Cosa vedono in tv i bambini, o meglio cosa colgono?
Esempi, esempi di vita. Vita simulata ma incredibilmente attraente. Esempi spesso negativi, spesso finti, spesso mendaci, modelli non adeguati all’età: qualche sera fa ho visto Pupo con un bambino vestito da adulto che scimmiottava i cantanti adulti, seguito da una band di bambini che facevano altrettanto. Bravi, bravissimi a suonare ma impostati su un modello che appartiene ad un’altra età.
La tv sta meglio... L’esposizione prolungata ai programmi televisivi ruba tempo al gioco e induce i bambini a ripetere schemi stereotipati che come tali inibiscono la loro creatività.
La tv sta meglio spenta.
Come puoi non guardarla? Non hai la parabola? Ma come... Italia1 non si vede?
La nonchalance è l'arte di fare una cosa strana come se fosse normalissima. La sostanza è farla perché ci credi.
Io credo che la tv sia uno degli elettrodomestici più dannosi e sono convinto che se ne possa tranquillamene fare a meno. Non dico di buttarla fuori di casa, potreste colpire qualcuno e procurarvi seri guai... ma se resta accesa più di un’ora al giorno mi viene da pensare.
La tv non... La tv non consente interazione, la tv non è socializzante.
Ma quel che è peggio, è il più invadente dei mezzi di comunicazione e ci vomita nell’intimità del nostro focolare domestico camionate di melmosa banalità.
In più, può portarci a sbiadire la percezione della realtà concreta, a fare del “visto in tv”, della finzione e della esagerazione, la realtà a cui ci affidiamo.
La tv come media ha una regola elementare che tende a rispettare rigorosamente: come mass media rivolge i propri messaggi ad un pubblico il più ampio possibile, e questo avviene mediando tutto, semplificando tutto, essendo convenzionale. Quanto più la soglia di comprensione critica è abbassata, tanto più i messaggi passeranno facilmente, il pubblico sarà più ampio. Se la tv riesce a sdoganare la pochezza, la volgarità, la menzogna… il gioco è fatto: se lo fanno o lo dicono in tv allora in qualche modo va bene.
La tivù può svuotare la personalità di chi vi si affida e generare un inconsapevole “rilassamento intellettivo”, chiamiamolo così.
La tv "per i bambini"? Per i bambini – che stanno strutturando la propria personalità e sono fortemente influenzabili - la tv è un vero orco, potenzialmente almeno. Cosa vedono in tv i bambini, o meglio cosa colgono?
Esempi, esempi di vita. Vita simulata ma incredibilmente attraente. Esempi spesso negativi, spesso finti, spesso mendaci, modelli non adeguati all’età: qualche sera fa ho visto Pupo con un bambino vestito da adulto che scimmiottava i cantanti adulti, seguito da una band di bambini che facevano altrettanto. Bravi, bravissimi a suonare ma impostati su un modello che appartiene ad un’altra età.
La tv sta meglio... L’esposizione prolungata ai programmi televisivi ruba tempo al gioco e induce i bambini a ripetere schemi stereotipati che come tali inibiscono la loro creatività.
La tv sta meglio spenta.
21 apr 2010
Abuso: una condanna gratuita inflitta ad un innocente
In un precedente post (La violenza sui bambini: sai davvero cos'è?) mi chiedevo cosa fosse la violenza sui bambini. In cosa consistesse nelle sue manifestazioni più sfumate.
Ora: cosa consegue ad una violenza?
Gli abusi determinano patologie. Ricordarlo non significa fare terrorismo psicologico, ma mettere in guardia noi stessi adulti affinché l’attenzione nei nostri comportamenti sia sempre alta. Non mi riferisco evidentemente alle forme di abuso palese ma a quelle sottili e non volute che possono ricorrere nella quotidianità: stress, ignoranza ed altri fattori che tolgono consapevolezza possono determinare comportamenti lesivi dell’integrità psicofisica dei bambini.
Le varie forme di abuso nell’infanzia o anche più genericamente le cosiddette esperienze sfavorevoli infantili, che forse non furono proprio maltrattamenti attivi e riconoscibili, determinano patologie anche croniche nella fase adulta: insuccessi, angosce, comportamenti deviati.
Questi abusi, queste esperienze negative marchieranno chi le ha subite. A seconda del tipo di maltrattamento si presenteranno patologie, spesso combinate, e variabili nel tempo per tipo ed entità.
A leggere delle conseguenze dannose correlate agli abusi c’è da farsi venire l’angoscia.
Gli studi neurobiologici relativi allo sviluppo mentale infantile dicono che se i legami affettivi sono
causa di esperienze negative, il processo di sviluppo del bambino sia cognitivo che emotivo ne risente pesantemente. Lo stress nel bambino incide sui circuiti cerebrali e alterazioni come la depressione sarebbero conseguenza di esperienze traumatiche infantili.
Da genitore che non ha dimestichezza con la materia rilevo che la preoccupazione è legittima e che comprendere quali siano i comportanti in ambito familiare che danno origine a traumi per i bambini è importante, proprio perché abbiamo visto che posso essere inconsapevoli, striscianti, non necessariamente voluti. I traumi derivano dall’esterno e non dal pensiero del bambino.
Cos’è allora una esperienza traumatica?
Sarebbe l’esito mentale di colpi inattesi che mettono in crisi momentaneamente chi li subisce, e che sbriciolano le normali difese. I traumi infantili cambiano il funzionamento psicologico.
Sia che sia un fatto unico e improvviso a causarlo, sia che si tratti di eventi ripetuti.
Mi ha colpito - perché lo ignoravo e non era una riflessione che avevo fatto - apprendere che c’è una differenza tra questi due tipi di traumi, e sta nel modo in cui il bambino nel tempo li elabora.
Nei traumi unici chi l’ha subito tende a rievocare il ricordo in maniera dettagliata; nei traumi ripetuti subentra invece lo stallo psicologico, il rifiuto.
Secondo altro inquadramento, ma mi pare che il senso alla fine sia il medesimo, la distinzione è tra trauma acuto, dove chi ha subito cerca di espellere da sé quanto ha patito, e stress cronico.
Questo secondo caso sì ha specie quando assai precocemente il bambino subisce un clima traumatico costante, quindi si cala inconsapevolmente nel ruolo della vittima.
Vittimizzazione: questo meccanismo crudele di sopravvivenza patologica mi colpisce.
L'abuso non viene rigettato perché si manifesta regolarmente, come un veleno sciolto e somministrato a piccole dosi con regolarità.
Il bambino si sintonizza psicologicamente e biologicamente, si adatta e nel tempo la patologia si incista e si complica, si interiorizza fino a caratterizzare l’identità stessa del bambino.
Inoltre, se prolungate ed intense, le esperienze negative posso indurre somatizzazione, ovvero determinare modificazione anche rilevante degli equilibri fisiologici.
Chi ha patito i traumi di cui si dice ha ripercussioni anche a livello psicologico. Viene meno la fiducia di base ed emerge una sorta di coscienza che di fondo induce a considerare il mondo come avverso, maldisposto nei propri confronti. Le difese sono abbassate al punto che è probabile che i traumi si ripetano: la reazione al trauma è pericolosa quanto il trauma stesso, perché genera una catena di reazioni disfunzionali.
Dove ci sono comportamenti difensivi questi si manifestano con ipereccitazione (iperattività, ansia, comportamento impulsivo, disturbi del sonno… in sostanza incapacità di regolare emozioni e comportamenti), con iperadattamento (disimpegno psicologico dalle situazioni, estraniazione: il bambino di fronte a situazioni che inconsapevolmente associa al trauma si immobilizza, si comporta come se non avesse sentito, sottoponendosi al rischio che l’adulto lo riprenda ancora più duramente determinando una dissociazione ancora più ampia).
Questo ultimo caso mi pare ancora più temibile perché può essere questo un comportamento male interpretato: il bambino ha semplicemente una condotta non adeguata perchè è oppositivo o provocatore? Oppure sta reagendo condizionato da traumi passati?
Quella estraniazione patologica porterà il bambino a gravi difficoltà di relazione.
Forse proprio perchè non ho cognizioni specifiche, mi inquieta pensare quante situazioni anche non volute determinino di fatto una situazione negativa che incide sulla salute dei più piccoli. Mi inquieta pensare che gli adulti non si soffermano a chiedersi se il loro comportamento sia adeguato. Mi inquieta pensare che non diamo l'importanza che merita a queste questioni. Mi inquietà perchè l’abuso, mi pare, è una condanna gratuita inflitta ad un innocente.
Ora: cosa consegue ad una violenza?
Gli abusi determinano patologie. Ricordarlo non significa fare terrorismo psicologico, ma mettere in guardia noi stessi adulti affinché l’attenzione nei nostri comportamenti sia sempre alta. Non mi riferisco evidentemente alle forme di abuso palese ma a quelle sottili e non volute che possono ricorrere nella quotidianità: stress, ignoranza ed altri fattori che tolgono consapevolezza possono determinare comportamenti lesivi dell’integrità psicofisica dei bambini.
Le varie forme di abuso nell’infanzia o anche più genericamente le cosiddette esperienze sfavorevoli infantili, che forse non furono proprio maltrattamenti attivi e riconoscibili, determinano patologie anche croniche nella fase adulta: insuccessi, angosce, comportamenti deviati.
Questi abusi, queste esperienze negative marchieranno chi le ha subite. A seconda del tipo di maltrattamento si presenteranno patologie, spesso combinate, e variabili nel tempo per tipo ed entità.
A leggere delle conseguenze dannose correlate agli abusi c’è da farsi venire l’angoscia.
Gli studi neurobiologici relativi allo sviluppo mentale infantile dicono che se i legami affettivi sono
causa di esperienze negative, il processo di sviluppo del bambino sia cognitivo che emotivo ne risente pesantemente. Lo stress nel bambino incide sui circuiti cerebrali e alterazioni come la depressione sarebbero conseguenza di esperienze traumatiche infantili.
Da genitore che non ha dimestichezza con la materia rilevo che la preoccupazione è legittima e che comprendere quali siano i comportanti in ambito familiare che danno origine a traumi per i bambini è importante, proprio perché abbiamo visto che posso essere inconsapevoli, striscianti, non necessariamente voluti. I traumi derivano dall’esterno e non dal pensiero del bambino.
Cos’è allora una esperienza traumatica?
Sarebbe l’esito mentale di colpi inattesi che mettono in crisi momentaneamente chi li subisce, e che sbriciolano le normali difese. I traumi infantili cambiano il funzionamento psicologico.
Sia che sia un fatto unico e improvviso a causarlo, sia che si tratti di eventi ripetuti.
Mi ha colpito - perché lo ignoravo e non era una riflessione che avevo fatto - apprendere che c’è una differenza tra questi due tipi di traumi, e sta nel modo in cui il bambino nel tempo li elabora.
Nei traumi unici chi l’ha subito tende a rievocare il ricordo in maniera dettagliata; nei traumi ripetuti subentra invece lo stallo psicologico, il rifiuto.
Secondo altro inquadramento, ma mi pare che il senso alla fine sia il medesimo, la distinzione è tra trauma acuto, dove chi ha subito cerca di espellere da sé quanto ha patito, e stress cronico.
Questo secondo caso sì ha specie quando assai precocemente il bambino subisce un clima traumatico costante, quindi si cala inconsapevolmente nel ruolo della vittima.
Vittimizzazione: questo meccanismo crudele di sopravvivenza patologica mi colpisce.
L'abuso non viene rigettato perché si manifesta regolarmente, come un veleno sciolto e somministrato a piccole dosi con regolarità.
Il bambino si sintonizza psicologicamente e biologicamente, si adatta e nel tempo la patologia si incista e si complica, si interiorizza fino a caratterizzare l’identità stessa del bambino.
Inoltre, se prolungate ed intense, le esperienze negative posso indurre somatizzazione, ovvero determinare modificazione anche rilevante degli equilibri fisiologici.
Chi ha patito i traumi di cui si dice ha ripercussioni anche a livello psicologico. Viene meno la fiducia di base ed emerge una sorta di coscienza che di fondo induce a considerare il mondo come avverso, maldisposto nei propri confronti. Le difese sono abbassate al punto che è probabile che i traumi si ripetano: la reazione al trauma è pericolosa quanto il trauma stesso, perché genera una catena di reazioni disfunzionali.
Dove ci sono comportamenti difensivi questi si manifestano con ipereccitazione (iperattività, ansia, comportamento impulsivo, disturbi del sonno… in sostanza incapacità di regolare emozioni e comportamenti), con iperadattamento (disimpegno psicologico dalle situazioni, estraniazione: il bambino di fronte a situazioni che inconsapevolmente associa al trauma si immobilizza, si comporta come se non avesse sentito, sottoponendosi al rischio che l’adulto lo riprenda ancora più duramente determinando una dissociazione ancora più ampia).
Questo ultimo caso mi pare ancora più temibile perché può essere questo un comportamento male interpretato: il bambino ha semplicemente una condotta non adeguata perchè è oppositivo o provocatore? Oppure sta reagendo condizionato da traumi passati?
Quella estraniazione patologica porterà il bambino a gravi difficoltà di relazione.
Forse proprio perchè non ho cognizioni specifiche, mi inquieta pensare quante situazioni anche non volute determinino di fatto una situazione negativa che incide sulla salute dei più piccoli. Mi inquieta pensare che gli adulti non si soffermano a chiedersi se il loro comportamento sia adeguato. Mi inquieta pensare che non diamo l'importanza che merita a queste questioni. Mi inquietà perchè l’abuso, mi pare, è una condanna gratuita inflitta ad un innocente.
18 mar 2010
La violenza sui bambini: sai davvero cos'è?
L’abuso, di per sè fatto odioso, quando colpisce i bambini diventa insopportabile. Si tratta, a mio avviso, di una violenza non solo verso il soggetto che la patisce, ma verso noi stessi: colpire un bambino equivale a colpire la nostra intimità nativa, la nostra infanzia. Ed è un colpo anche al nostro futuro: un bambino che ha subito abusi sarà facilmente un adulto capace di compiere abusi a sua volta.
Attingendo da varie fonti, ecco alcune informazioni che ritengo utile contribuire a diffondere.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS-WHO) nel 2002 presentò a Bruxelles il "Primo rapporto mondiale su violenza e salute", l’idea era quella di sposare la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo e andare più in là, affermando che la violenza è un problema di salute pubblica mondiale di importanza capitale.
Che ha conseguenze sulla salute (alcol, droga, fumo, disturbi alimentari e del sonno, malattie sessualmente trasmesse), che però è prevenibile e non certo inevitabile status della condizione umana; che deriva interazione di fattori individuali, familiari, comunitari e strutturali; che le politiche di salute pubblica basate sulla prevenzione possono diminuire la violenza.
La novità culturale del rapporto fu stabilire che le turbative dell’infanzia non sono dovute al caso, esiste semmai una inoppugnabile relazione tra la cultura di un popolo e quanto è considerato legittimo e corretto fare da parte degli adulti.
«Per maltrattamento all’infanzia – secondo la definizione dell’OMS - si intendono tutte le forme di cattiva cura fisica e affettiva, di abusi sessuali, di trascuratezza o di trattamento trascurante, di sfruttamento commerciale o altre, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, di fiducia o di potere».
Comportamenti intenzionali o meno poco importa. Le forme di abuso che riguardano l’infanzia sono diverse e diversamente colpiscono chi le subisce.
Le principali forme di abuso
> trascuratezza: grave e/o continua mancanza di cure nei o insuccessi in alcune importanti aree dell’allevamento che determinino un danno significativo alla salute o allo sviluppo
- maltrattamento fisico: danno causato da aggressioni fisiche, prepotenze, punizioni corporali o gravi attentati all’integrità fisica e alla vita.
- maltrattamento psicologico: pressioni psicologiche, i ricatti affettivi, il rifiuto e l’indifferenza, lo spregio, e ogni comportamento che limita lo sviluppo di competenze cognitivo-emotive fondamentali come l’intelligenza, l’attenzione, la percezione, la memoria.
- abuso sessuale: coinvolgimento di un minore in atti sessuali, anche senza contatto fisico (il bambino, in ragione del suo sviluppo pscicofisico non completo, non può liberamente acconsentire e l’adulto è palesemente preminente), lo sfruttamento
sessuale di un bambino o adolescente, la prostituzione infantile e la pedopornografia.
Ma attenzione anche a forme meno convenzionali e forse in espansione: riduzione in schiavitù e l’emarginazione prodotta dall’immigrazione clandestina.
Hanno effetto di abuso inoltre i comportamenti maturati in ambito familiare deviati, come l’alcolismo, la tossicodipendenza dei genitori, le malattie psichiatriche, la violenza assistita su persone che costituiscono un riferimento affettivo (es. i maltrattamenti del padre sulla madre).
Altre forme più sottili recentemente avvalorate sono la trascuratezza emozionale (comportamenti reattivi che comportano calunnie, critiche, svalutazioni) e l’abuso emozionale. Quest’ultimo si concretizza in una relazione inappropriata stabile, dove i confini con il giusto comportamento sono labili (secondo una definizione sono tipizzabili come segue: “indisponibilità, trascuratezza, non responsività emozionale; qualificazioni negative e mistificanti del bambino; interazioni con il bambino inappropriate o incongrue rispetto alla fase evolutiva; mancato riconoscimento e mancata consapevolezza dell’individualità del bambino e dei confini psicologici; mancata promozione dell’adattamento sociale del bambino”).
L’abuso emozionale è subdolo e particolarmente pericoloso perché i genitori che ne sono protagonisti generalmente non ne sono consci.
Indipendentemente dal tipo, l’abuso produce patologie. E poiché si manifesta prevalentemente nella famiglia, tale comportamento è facilmente cronico, sicché il danno rischia di essere grave e può manifestarsi anche dopo anni. Formano, tra l’altro un nuovo genitore a sua vola abusante.
Attingendo da varie fonti, ecco alcune informazioni che ritengo utile contribuire a diffondere.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS-WHO) nel 2002 presentò a Bruxelles il "Primo rapporto mondiale su violenza e salute", l’idea era quella di sposare la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo e andare più in là, affermando che la violenza è un problema di salute pubblica mondiale di importanza capitale.
Che ha conseguenze sulla salute (alcol, droga, fumo, disturbi alimentari e del sonno, malattie sessualmente trasmesse), che però è prevenibile e non certo inevitabile status della condizione umana; che deriva interazione di fattori individuali, familiari, comunitari e strutturali; che le politiche di salute pubblica basate sulla prevenzione possono diminuire la violenza.
La novità culturale del rapporto fu stabilire che le turbative dell’infanzia non sono dovute al caso, esiste semmai una inoppugnabile relazione tra la cultura di un popolo e quanto è considerato legittimo e corretto fare da parte degli adulti.
«Per maltrattamento all’infanzia – secondo la definizione dell’OMS - si intendono tutte le forme di cattiva cura fisica e affettiva, di abusi sessuali, di trascuratezza o di trattamento trascurante, di sfruttamento commerciale o altre, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, di fiducia o di potere».
Comportamenti intenzionali o meno poco importa. Le forme di abuso che riguardano l’infanzia sono diverse e diversamente colpiscono chi le subisce.
Le principali forme di abuso
> trascuratezza: grave e/o continua mancanza di cure nei o insuccessi in alcune importanti aree dell’allevamento che determinino un danno significativo alla salute o allo sviluppo
- maltrattamento fisico: danno causato da aggressioni fisiche, prepotenze, punizioni corporali o gravi attentati all’integrità fisica e alla vita.
- maltrattamento psicologico: pressioni psicologiche, i ricatti affettivi, il rifiuto e l’indifferenza, lo spregio, e ogni comportamento che limita lo sviluppo di competenze cognitivo-emotive fondamentali come l’intelligenza, l’attenzione, la percezione, la memoria.
- abuso sessuale: coinvolgimento di un minore in atti sessuali, anche senza contatto fisico (il bambino, in ragione del suo sviluppo pscicofisico non completo, non può liberamente acconsentire e l’adulto è palesemente preminente), lo sfruttamento
sessuale di un bambino o adolescente, la prostituzione infantile e la pedopornografia.
Ma attenzione anche a forme meno convenzionali e forse in espansione: riduzione in schiavitù e l’emarginazione prodotta dall’immigrazione clandestina.
Hanno effetto di abuso inoltre i comportamenti maturati in ambito familiare deviati, come l’alcolismo, la tossicodipendenza dei genitori, le malattie psichiatriche, la violenza assistita su persone che costituiscono un riferimento affettivo (es. i maltrattamenti del padre sulla madre).
Altre forme più sottili recentemente avvalorate sono la trascuratezza emozionale (comportamenti reattivi che comportano calunnie, critiche, svalutazioni) e l’abuso emozionale. Quest’ultimo si concretizza in una relazione inappropriata stabile, dove i confini con il giusto comportamento sono labili (secondo una definizione sono tipizzabili come segue: “indisponibilità, trascuratezza, non responsività emozionale; qualificazioni negative e mistificanti del bambino; interazioni con il bambino inappropriate o incongrue rispetto alla fase evolutiva; mancato riconoscimento e mancata consapevolezza dell’individualità del bambino e dei confini psicologici; mancata promozione dell’adattamento sociale del bambino”).
L’abuso emozionale è subdolo e particolarmente pericoloso perché i genitori che ne sono protagonisti generalmente non ne sono consci.
Indipendentemente dal tipo, l’abuso produce patologie. E poiché si manifesta prevalentemente nella famiglia, tale comportamento è facilmente cronico, sicché il danno rischia di essere grave e può manifestarsi anche dopo anni. Formano, tra l’altro un nuovo genitore a sua vola abusante.
1 mar 2010
Gli uomini, affascinanti e veri, vero?
Non i più belli ma i più affascinanti e soprattutto reali sì.
Il mito del maschio italiano, seduttore, virile, ricco di fascino, brillante, capace di ammaliare e sorprendere la donna (le donne vogliono essere sorprese no?), naque negli anni 60, anche grazie ai film in cui erano protagonisti Marcello Mastroianni, Rossano Brazzi e altri attori.
Nel 1961, quando il magazine Photoplay chiese alle sue lettrici di indicare i loro nuovi attori favoriti, Marcello Mastroianni e Rossano Brazzi finirono primo e secondo, in una classifica che, inoltre, includeva anche gli italoamericani Frank Sinatra e Dean Martin.
Bravi ragazzi, col sorriso spontaneo e gli occhi carichi di brio, spiritosi, magari un poco impacciati. Non il bello e duro alla James Bond, no… reali, concreti, consapevoli delle proprie qualità ma capaci di giocare anche sui propri difetti… e perdutamente condannati a fare i salti mortali per conquistare una donna.
Cosa è rimasto di quel mito?
Non intendo in tv o sul grande schermo, sulla carta patinata delle riviste fashion. Intendo nella vita reale.
Oggi siamo così noi maschi? Oh God… porre questa domanda è come sottoporsi spontaneamente alla fucilazione. Pare che quei tempi siano finiti da un pezzo. Nell’immaginario collettivo quei miti sono miti di un lontano passato.
Perché? Abbiamo dovuto fare i conti con una nuova figura femminile, più consapevole, libera e protagonista, determinata e con aspettative ampie.
Crisi di identità? Si dice che il maschio non ha più fiducia in sé, che teme di non essere all’altezza della propria compagna, che non si senta più sicuro nella seduzione, che in campo sessuale abbia perso le certezze.
Oggi ci sentiamo messi in discussione e questo può generare insicurezza ed ansia.
Si sente dire che l'uomo è in pieno attacco di panico, vittima di ansia e paura. Perdita di ruolo?
A me sembra che, generalizzando un po’, questo timore sia poco fondato, che sia alimentato da una cultura che ci allontana da noi stessi, quella dell'apparire più che dell'essere: apparire significa costruirsi una immagine, un contorno di tratti fallaci, effimeri, inconsistenti. Questo, lungi dall’ammaliare la donna che desideriamo, ci grava sul groppone come un fardello di menzogne che diciamo a noi stessi, allontanandoci dal nostro io sincero e vero.
Ci obbliga a dover continuamente dimostrare chi siamo, confrontandoci con i dettami della moda, del pensiero prevalente, delle statistiche etc… è l’apparire che ci inganna e ci fa sentire persi, lontani da noi stessi. Crisi di identità, paura di non essere all’altezza, potenti quanto vorremmo, sicuri.
Le donne vogliono questo? Non credo.
Il mito del maschio italiano, seduttore, virile, ricco di fascino, brillante, capace di ammaliare e sorprendere la donna (le donne vogliono essere sorprese no?), naque negli anni 60, anche grazie ai film in cui erano protagonisti Marcello Mastroianni, Rossano Brazzi e altri attori.
Nel 1961, quando il magazine Photoplay chiese alle sue lettrici di indicare i loro nuovi attori favoriti, Marcello Mastroianni e Rossano Brazzi finirono primo e secondo, in una classifica che, inoltre, includeva anche gli italoamericani Frank Sinatra e Dean Martin.
Bravi ragazzi, col sorriso spontaneo e gli occhi carichi di brio, spiritosi, magari un poco impacciati. Non il bello e duro alla James Bond, no… reali, concreti, consapevoli delle proprie qualità ma capaci di giocare anche sui propri difetti… e perdutamente condannati a fare i salti mortali per conquistare una donna.
Cosa è rimasto di quel mito?
Non intendo in tv o sul grande schermo, sulla carta patinata delle riviste fashion. Intendo nella vita reale.
Oggi siamo così noi maschi? Oh God… porre questa domanda è come sottoporsi spontaneamente alla fucilazione. Pare che quei tempi siano finiti da un pezzo. Nell’immaginario collettivo quei miti sono miti di un lontano passato.
Perché? Abbiamo dovuto fare i conti con una nuova figura femminile, più consapevole, libera e protagonista, determinata e con aspettative ampie.
Crisi di identità? Si dice che il maschio non ha più fiducia in sé, che teme di non essere all’altezza della propria compagna, che non si senta più sicuro nella seduzione, che in campo sessuale abbia perso le certezze.
Oggi ci sentiamo messi in discussione e questo può generare insicurezza ed ansia.
Si sente dire che l'uomo è in pieno attacco di panico, vittima di ansia e paura. Perdita di ruolo?
A me sembra che, generalizzando un po’, questo timore sia poco fondato, che sia alimentato da una cultura che ci allontana da noi stessi, quella dell'apparire più che dell'essere: apparire significa costruirsi una immagine, un contorno di tratti fallaci, effimeri, inconsistenti. Questo, lungi dall’ammaliare la donna che desideriamo, ci grava sul groppone come un fardello di menzogne che diciamo a noi stessi, allontanandoci dal nostro io sincero e vero.
Ci obbliga a dover continuamente dimostrare chi siamo, confrontandoci con i dettami della moda, del pensiero prevalente, delle statistiche etc… è l’apparire che ci inganna e ci fa sentire persi, lontani da noi stessi. Crisi di identità, paura di non essere all’altezza, potenti quanto vorremmo, sicuri.
Le donne vogliono questo? Non credo.
30 gen 2010
La Freccia Azzurra, colpisce il cuore di bambino
Quanto è antipatico quello Scarafoni, vero?
Pulcioso che specula su ciò che di più caro hanno a Natale i bambini, i sogni! Ah, che pernacchie si è preso, tutte le volte, senza pietà, dai miei figli alla fine, quando rincorre con affanno i soldi che si spargono per la strada.
La Freccia Azzurra (Enzo D'Alò, 1996) è uno dei cartoni d’atmosfera più magici che abbia visto, discreto e intimo, così vicino al cuore onirico dei bambini. Sì, colpito al mio cuore di fanciullo dal dardo turchese ho riprovato l’emozione magica del Natale così come la provavo, nell’attesa, da bambino.
Scarafoni (la voce è di Dario Fò) è un commerciante di giocattoli, un palancaio senza cuore che fa ammalare la Befana per mettersi in campo in prima persona all’Epifania e vendere i giocattoli ai soli bambini abbienti. Ruba la magia della festa e sarà punito.
Francesco si incanta davanti alla vetrina del negozio per un trenino azzurro, la Freccia Azzurra, lui orfano di un ferroviere. Quanto vale per lui quel giocattolo?
Il cartone è da vedere, anche se le feste sono passate: seguite i giocattoli che nella notte innevata girano per le strade al seguito del trenino per ovviare all’assenza della Befana ammalata e recapitare se stessi ai bambini che sognano nella città assopita.
Il film ha momenti delicati e ammalianti, sottolineati da voli di fantasia e dalle musiche di Paolo Conte. Anche qui la mano di D’Alò che ha saputo trarre l’incanto della fiaba di Gianni Rodari - da cui la storia è tratta – mantenendone i significati: solidarietà, importanza del gioco.
Pulcioso che specula su ciò che di più caro hanno a Natale i bambini, i sogni! Ah, che pernacchie si è preso, tutte le volte, senza pietà, dai miei figli alla fine, quando rincorre con affanno i soldi che si spargono per la strada.
La Freccia Azzurra (Enzo D'Alò, 1996) è uno dei cartoni d’atmosfera più magici che abbia visto, discreto e intimo, così vicino al cuore onirico dei bambini. Sì, colpito al mio cuore di fanciullo dal dardo turchese ho riprovato l’emozione magica del Natale così come la provavo, nell’attesa, da bambino.
Scarafoni (la voce è di Dario Fò) è un commerciante di giocattoli, un palancaio senza cuore che fa ammalare la Befana per mettersi in campo in prima persona all’Epifania e vendere i giocattoli ai soli bambini abbienti. Ruba la magia della festa e sarà punito.
Francesco si incanta davanti alla vetrina del negozio per un trenino azzurro, la Freccia Azzurra, lui orfano di un ferroviere. Quanto vale per lui quel giocattolo?
Il cartone è da vedere, anche se le feste sono passate: seguite i giocattoli che nella notte innevata girano per le strade al seguito del trenino per ovviare all’assenza della Befana ammalata e recapitare se stessi ai bambini che sognano nella città assopita.
Il film ha momenti delicati e ammalianti, sottolineati da voli di fantasia e dalle musiche di Paolo Conte. Anche qui la mano di D’Alò che ha saputo trarre l’incanto della fiaba di Gianni Rodari - da cui la storia è tratta – mantenendone i significati: solidarietà, importanza del gioco.
15 gen 2010
Un anno in pochi attimi
Avete mai pensato di premere il tasto rewind e poi scorrere velocemente in pochi attimi la vostra vita?
2 gen 2010
Tu sei unico e speciale! Tutti lo siamo...
"Tu sei unico e speciale!"
E' così, ma quante volte ci ricordiamo di esserlo? Quante volte ci hanno fatto sentire così durante la nostra infanzia e anche in seguito?
Oggi ci sentiamo speciali?
Guardiamo i bambini, guardiamoli davvero e scopriamo la loro unicità. Rispettiamola.
Invitiamoli a cercare le proprie qualità, a valorizzarle, ad accettare i propri limiti, a non arrendersi. Questo accrescerà un aspetto fondamentale nella vita di ogni persona: l'autostima.
E invitamoli anche a dichiararsi, a spendersi, per sè e per gli altri. A non chiudersi in un mutismo egoistico ed autoreferenziale. Proteggiamo dalla deriva dell'avere e del sembrare, solo chi saprà essere se stesso, infatti, godrà appieno de tesori della vita.
Tutti siamo speciali, ricordiamoci di dire ciò che proviamo a chi amiamo.
Se volete trasmettere il link a questo post fatelo: assomiglia ad una banale catena di S. Antonio, in fondo è un passaparola con un buon consiglio dentro.
E' così, ma quante volte ci ricordiamo di esserlo? Quante volte ci hanno fatto sentire così durante la nostra infanzia e anche in seguito?
Oggi ci sentiamo speciali?
Guardiamo i bambini, guardiamoli davvero e scopriamo la loro unicità. Rispettiamola.
Invitiamoli a cercare le proprie qualità, a valorizzarle, ad accettare i propri limiti, a non arrendersi. Questo accrescerà un aspetto fondamentale nella vita di ogni persona: l'autostima.
E invitamoli anche a dichiararsi, a spendersi, per sè e per gli altri. A non chiudersi in un mutismo egoistico ed autoreferenziale. Proteggiamo dalla deriva dell'avere e del sembrare, solo chi saprà essere se stesso, infatti, godrà appieno de tesori della vita.
Tutti siamo speciali, ricordiamoci di dire ciò che proviamo a chi amiamo.
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